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LO SCORPORO DEI MATERIALI LAPIDEI NEI BANDI DI GARA PER LA REALIZZAZIONE DI OPERE PUBBLICHE
04. October 2010 15:57
(last updated: 04. October 2010 16:08)
Pubblicato in ARCHITETTURA, ATTUALITA'

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Uno strumento giuridico per conciliare, nella realizzazione delle opere pubbliche, l’obbligo dell’uso delle pietre locali con le leggi del libero mercato. Ciò diventa possibile», spiega, «scorporando dai bandi di gara il materiale lapideo, il quale verrà fornito direttamente dal committente, a sua volta nel rispetto della procedura degli appalti, aperti a tutti gli estrattori locali. 

(foto: L'Arena di Verona di notte)

L’azienda regionale veronese per l’edilizia residenziale "A.T.E.R." a è pervenuta alla determinazione di utilizzare, nella realizzazione di costruzioni di sua competenza, materiali lapidei locali. 
Per far questo occorre verificare: 
a) se tale decisione sia legittima ovvero se sia in contrasto con il principio della libera concorrenza di mercato; 
b) quali siano gli strumenti normativi per realizzare questo progetto. 
L'avvocato Luigi Righetti dell'A.T.E.R. precisa: 

A) Sul primo punto è necessaria la individuazione di una motivazione per giustificare questa iniziativa; per verificare, cioè, se la scelta di A.T.E.R. sia giustificata e non finalizzata a protezione di uno spirito di localismo che non avrebbe ragione di esistere. Perché dunque l’utilizzo di pietre locali? Perché l’esclusione di altri materiali pur meritevoli di attenzione? 
La risposta è semplice: perché questa pietra, questa pietra di estrazione dalle nostre cave, rientra nella tradizione veronese, nella nostra storia, nella nostra cultura. In sostanza, Verona è la città della pietra, della pietra già dal periodo romano; si pensi a l’Arena, ai monumenti più significativi, con l’emblema del Ponte Pietra (pons marmoreus). Si pensi al periodo comunale, scaligero e del rinascimento: ai palazzi degli Scaligeri, alle mura e porte del Sanmicheli per arrivare al ‘700 - ‘800 con la Gran Guardia, al Municipio per giungere ad un altro simbolo emblematico: il “liston” della Bra (anche la centralissima Via Mazzini si chiamava, ai primi dell’ ‘800, “Via Lastricata”; ora, purtroppo, è stata rifatta con materiali lapidei non veronesi e di effetto non esaltante). Anche nella Provincia veronese si possono ricordare chiese e palazzi (si pensi alle ville e dimore patrizia palladiane e sanmicheliane) in cui la nostra pietra ha dato risalto e bellezza alle costruzioni. 

È indubbio, pertanto, che l’utilizzo della pietra veronese fa parte di una tradizione e di un modo di costruire. 
Questa premessa consente di risolvere il primo quesito di carattere giuridico: se cioè appare legittimo l’intendimento di imporre nelle costruzioni (e non solo di edifici, ma anche di piazze, vie, ecc.) l’utilizzo di materiale lapideo veronese ovvero se tale determinazione violi il principio della libera concorrenza nel senso di limitare il mercato ad una specifica categoria di beni. Da un punto di vista astratto e generale è indubbio che il principio informatore, derivante sia dalla legislazione della comunità europea che nazionale, è nel senso di estendere il mercato a tutti i prodotti similari. La scelta, e proprio per non cadere in profili di illegittimità per l’esclusione di potenziali concorrenti, appare tuttavia giustificata dalla premessa che non trova ragione in aspetti puramente commerciali, ma trova giustificazione nella storia di Verona, nel suo modo di costruire: quindi in un principio di carattere generale. 
Ulteriore aspetto può essere rappresentato dalla necessità di assicurare la “qualità” del prodotto in quanto, e sotto generiche denominazioni (ad esempio: “rosso verona”), possono rinvenirsi materiali pur con la stessa indicazione, ma con diverse caratteristiche e qualità. Né potrebbero essere invocati, per giustificare la scelta, gli aspetti legati alla qualità del prodotto richiesto o al costo del materiale; sono infatti argomenti che potrebbero essere validamente contestati dai concorrenti ed inficiare i bandi gara che prevedessero solo questo requisito del materiale lapideo. Naturalmente si dovrà dar conto di questa scelta, di questo modo di operare; cioè il provvedimento, di carattere generale, dovrà motivare le ragioni per le quali si preferiscono, nelle costruzioni, i materiali lapidei veronesi; e la motivazione, che costituisce molto spesso uno dei motivi di verifica o censura dei provvedimenti amministrativi, dovrà essere ripetuta in ogni singolo bando di gara in cui viene prescritto l’utilizzo di tale materiale lapideo locale. Gli stessi criteri dovranno essere seguiti anche per gli incarichi ai progettisti in modo che, e sin dal progetto, risulti chiara la volontà di utilizzare questo materiale. Il percorso, quindi, che si deve seguire, per il raggiungimento del risultato programmato, dovrà passare attraverso queste fasi: 
a) provvedimento di carattere generale che indichi e motivi le ragioni della scelta; 
b) bando di gara specifico, riportato in ogni singolo bando, in base al quale si manifesta la volontà, alle imprese appaltatrici concorrenti, di utilizzare tali materiali; 
c) prevedere con esattezza, sempre nel bando di gara, che la fornitura del materiale non farà parte dell’appalto (operazione di “scorporo”); la fornitura del materiale avverrà da parte dell’Ente, che avrà provveduto ad acquistarlo, con posa in opera a carico della impresa aggiudicataria dell’appalto. 
Ulteriore problema consisterà, poi, nel verificare con quali mezzi e strumenti si farà provvigione dei prodotti. Esaminiamo, quindi, i singoli aspetti del problema. 

Lo “scorporo” o “scorporamento” negli appalti. 
Il primo problema riguarda la legittimità di “scorporare” i materiali lapidei dal contratto di appalto nel bando di gara per la realizzazione degli interventi programmati. Premettiamo che principio generale sarebbe quello della unicità dell’affidamento dell’appalto che deve trovare adeguata corrispondenza nel bando di gara. 

Pur con questo principio è ammessa, anzitutto, in via generale, la suddivisione “in lotti” da appaltarsi in modo distinto. Questa procedura, che può trovare giustificazione nella realizzazione di grandi opere, è soggetta ad una disciplina rigorosa anche ad evitare che, con la suddivisione dell’opera in lotti, si vanifichino le disposizioni sul valore degli appalti, al fine di giustificare appalti “sotto soglia” anche ai fini della pubblicazione dei bandi ecc.. È anche da ricordare che, molto spesso, il concetto di opere scorporabili è stato accostato al sub-appalto anche perché, talvolta, poteva esservi coincidenza tra i due concetti (soprattutto per opere considerate specialistiche). In questa ipotesi si tratta, però, di fattispecie del tutto diverse in quanto nel sub-appalto di opera scorporabile l’esecuzione rientra nel contratto di appalto mentre nello scorporo per l’utilizzo del materiale lapideo all’appaltatore è affidata la sola posa in opera mentre è l’A.T.E.R. provvedere direttamente alla fornitura del materiale. Altro sistema, più aderente alle esigenze dell’Ente. è quello di prevedere, sempre nel “bando di gara” lo “scorporo” o “scorporamento” della parte relativa al materiale lapideo con onere dell’impresa aggiudicataria di provvedere solo alla posa in opera. È da precisare che, nella pratica corrente, tale procedura, paragonabile agli appalti parziali, si verifica normalmente quando un’opera costituente un’unità strutturale e funzionale di notevoli dimensioni venga eseguita affidando, ad appaltatori diversi, parti ben distinte di essa in muratura, infissi, impianti, ecc.; nulla impedisce però, ed a determinate condizioni, che tale sistema possa esse applicato anche alla fornitura separata del materiale che, evidentemente, non farà parte del prezzo dell’appalto. È questa, evidentemente, la procedura che dovrà seguire l’A.T.E.R. e che dovrà trovare, puntuale, adeguata rispondenza nei bandi gara. È ovvio, quindi, che il valore del materiale lapideo non entrerà nel prezzo dell’appalto dell’opera. Riteniamo, quindi, che questo modo di operare sia del tutto legittimo e che l’A.T.E.R. possa raggiungere il risultato che si era prefisso; la raccomandazione è sempre quella di dare adeguata motivazione della scelta. Nulla impedisce, a questo scopo e ribadendo il concetto, che  l'Ente possa comunicare pubblicamente, con avviso a mezzo stampa o in altri modi, questa determinazione di utilizzare, negli appalti e come criterio di carattere generale, questo tipo di materiale. 

C) L’acquisizione da parte dell’A.T.E.R. 
L’ultimo aspetto del problema riguarda le modalità di acquisizione del prodotto che era stato “scorporato” dal contratto di appalto, da parte del committente. L’intervento diretto dell’Azienda è quello di assicurare la qualità del prodotto nel rapporto con il prezzo; naturalmente la massima cura dovrà essere posta ai capitolati per poter individuare, con esattezza, il tipo, le caratteristiche, le qualità del materiale richiesto. Gli strumenti per l’acquisto del materiale saranno naturalmente quelli previsti dal codice sui contratti e, in particolare, sulle forniture. L’articolo 3 del D.Lgs. 163/2006 sotto il titolo “Definizioni” prevede, al comma 9, che «Gli “appalti pubblici di forniture” sono appalti pubblici diversi da quelli di lavori o di servizi, aventi per oggetto l’acquisto ... di prodotti.». A sua volta l’articolo 53 prevede la tipologia  ed oggetto dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (i cosiddetti settori tradizionali). Le modalità per l’acquisizione (bando di gara, pubblicità, ecc.) dipendono, ovviamente, dal valore della fornitura (ricordiamo, a questo proposito, che con Regolamento CE n. 1177/2009 del 30 novembre 2009, sono state fissate le nuove soglie per l’aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture; per l’appalto di forniture è stato fissato, in via generale, l’importo di 125.000,00 euro). A seconda del valore della fornitura, ovvero della verifica se l’importo dell’appalto sia sotto o sopra soglia, si seguirono le procedure di cui all’articolo 55 del codice degli appalti; potrebbe essere preferita la procedura negoziata con o senza previa pubblicazione del bando di gara. Ovviamente sarà determinante la individuazione esatta del tipo di materiale che si vuole acquisire. La conclusione che vorremo trarre è coerente con l’impostazione che abbiamo seguito: e cioè confermare la legittimità della operazione di utilizzare, nelle costruzioni di competenza, materiali lapidei di provenienza veronese. 

Si tratta, indubbiamente di attività meritoria, culturalmente valida che l’A.T.E.R. deve perseguire con i mezzi e gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione.  In questo senso, e per queste ragioni, deve essere seguita con attenzione e sostenuta con convinzione. Naturalmente sarebbe auspicabile che anche le Amministrazioni Comunali della Provincia, anche con strumenti e modalità diversi, potessero applicare questa procedura. 



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