I maestri vengono citati in un testo scritto per la prima volta nel I secolo, una lettera di Plinio Cecilio detto Plinio il Giovane (Como, 61 - Nicomedia, 113) indirizzata allimperatore Romano Traiano (53 - 117), in cui viene lodato un maestro per la costruzione di una "Amenissima villa suburbana sul Lago di Como" (George Clooney sarebbe arrivato in seguito).
ARTE LONGOBARDA
Nel 569 i Longobardi invasero l'Italia e conquistarono Milano, che era stata capitale dell' impero romano d'occidente dal 286, ma la regione lariana alla caduta del regno gotico rimase sotto il governo di Bisanzio. In particolare si ebbe un caposaldo bizantino sull'unica isola del lago di Como, l'isola Comacina che era stata disabitata fino al V secolo, è noto il passo di Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum: "in Insula Amacina, Francionem magistrum militum" che racconta della difesa dell'isola dell'esercito di Francione che per vent'anni rimase incontestato padrone e per sei mesi resistette all'assedio longobardo. Il territorio che non era caduto in mano longobarda comprendeva tutto l'alto lario fino al Gottardo, Bernina e Spluga compresa la Valtellina. Il suddiacono della chiesa milanese, alleato di Francione, teneva il castello di Laino e tale Marcellino, sorvegliava la Val d'Intelvi. A sud poteva contare sul Castel Baradello e la città di Como, Castelmarte col Buco del piombo presidiavano la Valassina, mentre le fortificazioni di Lecco-Civate controllavano l'oriente lariano. A nord i valichi alpini erano ben presidiati dai Franchi coi quali si era stretta una alleanza. La resistenza di Francione terminò nel 588 quando l'esercito longobardo di Autari, eletto nel 584, espugnò le fortificazioni. Francione poté ritornare a Ravenna "cum uxore et suppellectili". Paolo Diacono aggiunge che "sull'isola vennero scoperte molte ricchezze, evidentemente ivi portate da tutte le città vicine". Il vescovo Agrippino (VI-VII secolo) scelse come centro della sua attività l'Isola Comacina costruendo la cattedrale di Sant'Eufemia, dove volle pure essere sepolto. Secoli dopo la rivalità tra Como e Milano per l'egemonia ed il controllo delle principali vie di comunicazione e dei passi alpini portò nel 1169 alla distruzione dell'sola dalle fondamenta e vennero rasi al suolo tutti i presidi, abitazioni, le 9 chiese e le mura, i sassi dispersi nel lago affinché non potesse essere ricostruita.
I maestri comacini sono citati nell'Editto di Rotari del 22 novembre 643 emanato dall'omonimo Re Longobardo. Il testo e' composto ben 338 capitoli ed articoli, in particolare larticolo 344 dice: "Magister Comacinus cum colligantes ", vale a dire coi suoi colleganti, prova quindi dellesistenza di corporazioni o associazioni di lavoratori in costruzioni edilizie che provenivano dal territorio comacino. Larticolo 145 è rivolto a chi aveva chiamato o condotto il Maestro Comacino a disegnare o dirigere lopera e implica che i Maestri Comacini non erano semplicemente dei manovali accorrenti là dove si doveva costruire, ma erano delle corporazioni aventi fra di loro artisti capaci di disegnare o dirigere lavori di una fabbrica, quindi persone in condizioni di avanzata cultura.
Anche l'Editto di Liutprando 'Memoratorio' del 28 febbraio 713 riporta in appendice un memoratorium de mercedibus commacinorum, un vero e proprio tariffario tecnico delle diverse opere edili. Tra le altre norme un maestro non poteva stare in terra straniera (la moderna trasferta) per più di 8 anni. Mentre i carpentarii risultano essere proprietà della Corona longobarda, stile servi della gleba russi cioè in stato di semiservitù, i magistri comacini erano invece dei liberi imprenditori, come risulta dalle implicazioni giuridiche deducibili dagli editti. Le arti antiche delle costruzioni e della scultura erano insegnate a porte chiuse nella schola e nel Laborerium. Luso dei Collegia si era esteso a molti territori conquistati da Roma, tra cui c'è la zona di Como. Le leggi dei re longobardi formarono il primo ordinamento statale della corporazione.
Queste maestranze di cavatori. scultori e architetti veneravano i Santi patroni Giovanni il Battista e i Quattro Coronati, giovani martiri romani, Claudio, Simproniano, Castorio e Nicostrato, martiri nel 306 d.C. a Sirmio, dopo essersi rifiutati di scolpire, per l'imperatore Diocleziano, una statua di divinità pagana. Simpliciano, scalpellino come loro, recuperò i loro corpi ma, sorpreso nel gesto, fu condannato anch'egli a morte. La festa della corporazione cadeva l'8 di Novembre che era anche giorno di riposo.
I Longobardi, come già i Romani, vedevano nella costruzione di edifici di prestigio civili e religiosi un mezzo per affermare e legittimare la loro autorità. Tra il VII e VIII secolo l'architettura longobarda evolse in una direzione originale: si registrò una ripresa dell'interesse verso l'arte classica, come testimoniano diversi edifici longobardi di questo periodo, dal Tempietto longobardo di Cividale alla Chiesa di Sant'Eusebio a Pavia, mostrarono echi bizantini. Larchitettura longobarda determinò il sorgere e il definirsi dello stile romanico, che avrebbe accolto anche influssi orientali di provenienza armena. I campanili e le cripte, il sacello sotterraneo ubicato nella parte più sacra delledificio, furono introdotti nellarchitettura occidentale proprio durante il regno Longobardo.
Gli edifici più antichi eretti in epoca longobarda in Italia, e in particolare nella capitale del regno, Pavia, sono andati in gran parte distrutti o sono stati ampiamente rimaneggiati in età successive. Il luogo sacro della capitale dove i re Longobardi, i re italici ed i re germanici venivano incoronati era la Basilica di San Michele. La distrutta chiesa pavese di Santa Maria in Pertica mostrava una pianta tipicamente romana ottagonale con deambulatorio e giro interno di 6 colonne, ma l'altissimo corpo centrale costituiva una struttura completamente inedita. Il Battistero a pianta ottogonale di San Giovanni Battista a Firenze, di fondazione incerta tra il IV-V secolo, viene riedificato nel VII secolo durante la dominazione longobarda, forse in seguito alla conversione al cristianesimo della regina Teodolinda. Rivestito esternamente originariamente in arenaria che venne poi sostituita a inizio dell' XI secolo in marmo bianco e verde di Prato. Nella seconda metà dell'XI secolo si provvede anche al nuovo rivestimento marmoreo interno. Il pavimento a tarsie marmoree orientalizzanti è ricco di eleganti motivi decorativi che lo rendono simile ad un tappeto, nel quale spiccano elementi zodiacali. A Lucca la Cattedrale di San Martino, innalzata da San Frediano nel 560 e il 588, fu restaurata da un Faulone maggiordomo di Cuniberto re dei Longobardi nel 685. Scrive il Merzario che I Maestri Comacini o Lombardi erano a Lucca fin dal sec. VIII con stabile dimora.
La basilica di San Pietro in Ciel d'Oro di Pavia fu direttamente fondata dal re longobardo Liutprando per ospitare le spoglie mortali di Sant'Agostino, purtroppo venne totalmente riedificata nel 1132 su ordine di Papa Innocenzo II.
Nella pieve di san giorgio di Valpolicella si trova un ciborio scolpito con l' impiego di motivi classicheggianti e uno spiccato gusto naturistico sotto il regno di Liutprando nel 712.
I capitelli sono ad angoli smussati, scolpiti a caulicoli e rosette centrali di diversa forma, crociate o a fiori tondi o con motivi a stella con ornati vegetali (la vite), sinuose linee geometriche e figure animali come i due pavoni. L'iscrizione rimasta fortunatamente intatta la attribuisce al maestro Orso e dai duoi discepoli Gioventino e Gioviano 'Ursos magester cum discepolis suis Iuventinus et Iuviano edificavet hanc ciborium'. La pietra utilizzata è il marmo di Verona che nel periodo romano era già usato in tutta la pianura padana, in particolar modo a Cremona, Mantova, Pavia, Ferrara, Ravenna e continuava ad essere estratto durante quello longobardo da una vasta area adiacente l'adige e il Garda ma le vene migliori erano vicino all'odierna Sant'Ambrogio Valpolicella, appena 1000 metri sotto San Giorgio, da dove si estrae il rosso broccatello, rosa corallo e biancone.
I Longobardi, proveniendo dalla Pannonia, portavano con sé culti pagani orientaleggianti, anche quando si convertirono restarono sempre barbari cristianizzati' legati al culto ancestrale del serpente. Gli Illiri, sovente vicini dei Longobardi onoravano in grotte e caverne il serpente, a loro sacro. Dopo limmigrazione di colonizzatori greci (6° secolo a. C.) il culto illirico del serpente si è confuso con il culto greco di Asklepios. In Epidaurus, Ragusa Vecchia in Dalmazia, stava allora il famoso Asklepieon (il bastone-insegna di Esculapio).
Dopo lavvento del Cristanesimo, dal culto del serpente venne lo spaventoso drago (Ucciso da San Giorgio nella tradizione). In simile maniera nelle onoranze di S. Michele (in grotte e caverne) dalloriginale serpente sarebbe venuto un drago. S. Michele era il santo a cui i longobardi erano più devoti. E noto, infatti, come nella loro arte favorirono intrecciamenti ed annodamenti, il nodo longobardo' e gli scultori dovettero sempre occuparsene,sia in senso pagano che in senso cristiano (il serpente tentatore nella "Genesi",per esempio). Le successive cattedrali romaniche e gotiche sono caratterizzate proprio per colonne ritorte, spinate, le decorazioni a spirale, forme vegetali intrecciate,figure geometriche e animali simbolici.
Il termine Comacini, sostiene il Merzario, non si applicava solo a chi proveniva dall'allora diocesi di Como dell VIII secolo che comprendeva il canton Ticino (la diocesi di Lugano nasce nel 1888), Sondrio, la provincia di Varese oltre a paesi come Campione d'Italia che diventa diocesi ambrosiana solo nell'anno 874 (dopo la donazione di Totone da Campione del 777) insieme a Porlezza, la Valsolda, Ramponio-Verna e Scaria in Valle Intelvi, ma a un territorio molto esteso che parte dal lago d'Orta nella provincia del Verbano Cusio Ossola e arriva fino al lago d'Idro nell'alto bresciano passando per i monti di Bergamo e Lecco. Sostanzialmente tutto l'arco alpino lombardo dalle prealpi fino ai passi alpini con la provincia piemontese dell'Ossola e del Cusio (Il verbano segue ancora oggi il rito ambrosiano).
ARTE CAROLINGIA
Dopo il collasso del regno longobardo nel 774 i nuovi dominatori, i Franchi, seguendo lesempio romano, protessero e favorirono gli artisti e gli artigiani indigeni. Per legittimare l' imperium ripresero elementi tipici della classicità romana in un grande sforzo edilizio sia di rappresentanza con chiese e palazzi che infrastrutturale amministrativo con edifici di dimensioni monumentali e fabbriche grandiose. Oltre al papato, un altro grande alleato dei Carolingi fu l'ordine benedettino, che fu promosso tramite la fondazione di abbazie.
La prima citazione scritta di maestranze edili in questo periodo si ha quando Papa Adriano I (772-795), impossibilitato a trovare edili a Roma, si rivolse a Carlo Magno con la preghiera di inviargli dei Magistri. Barriere locali non erano mai esistite per larchitettura. L' architetto di Carlo Magno, Oddone da Metz è il primo architetto di cui abbiamo testimonianze nato a nord delle Alpi (nonostante alcuni sostengano fosse armeno) costruì in stile classico/bizantino la Cappella Palatina (805) e la Cattedrale di Aquisgrana ispirandosi alla bizantina Basilica di San Vitale a Ravenna a sua volta eco della grande chiesa di Santa Sofia. A differenza degli esempi bizantini e paleocristiani la Cappella Palatina di Aquisgrana (Aachen oggi) presentava un corpo centrale particolarmente sviluppato in altezza come la chiesa di Santa Maria in Pertica a Pavia del 677.
ROMANICO
Le volte a tutto sesto classiche del romanico non erano una novità storica ed erano già presenti in edifici romani da qui il nome di questo tipo di stile architettonico. Il romanico comunque presenta introduzioni originali come la cripta e il campanile.
A cavallo del 1000 a seguito dell'opera di San Guglielmo al lago d'Orta si propagò uno stile, che ebbe il nome di lombardo. San Guglielmo da Volpiano (Isola di San Giulio, 962 - Fécamp 1031) è stato un monaco italiano venerato come san Guglielmo dalla Chiesa cattolica. L'isola di san Giulio dove nacque è l'unica isola del lago d'Orta ed era un presidio militare. Aderisce alla riforma che ha il suo centro nell'Abbazia di Cluny e come artista e architetto lavorò tra la Francia e l'Italia fondando una quarantina di monasteri e chiese e contribuì anche al diffondersi in Francia della cultura architettonica romanica e, in particolare, la soluzione della copertura a volta. Tra le sue opere la ricostruzione (989-1002) della chiesa di Saint-Bénigne a Digione e la distrutta Abbazia di Fruttuaria nel comune di San Benigno Canavese. Le parole o meglio i termini tecnici edili derivanti dagli articoli del Memoratorio di LIutprando che vengono usati da questo momento nelle cronache della Gallia in seguito all'andata di San Guglielmo, sono la prova, la più persuasiva, delle escursioni delle maestranze in quei paesi. Oltre alle volte a crociera in pietra sono stati diffusi anche caratteri stilistici come gli archetti pensili e le lesene (chiamate in Francia bandes lombardes). La parola francese 'Lombardes', facilmente traducibile per noi italiani e significativamente diversa da comasco, definisce poi il nome dello stile definito 'romanico lombardo' che si diffonde nel nord e centro italia, Sardegna inclusa. Storicamente la parola comacini trova il suo utilizzo nel periodo longobardo, i maestri nel romanico si autodefiniscono come 'de Como', 'antelami', 'lombardi' o col nome del loro paese.
'Che la valle di Antelamo fosse la valle Intelvi è dimostrato da moltissimi documenti, dove essa viene indicata come Antellaco, Antelamo, Antelavo, Antelago e, dopo il mille, Intelavo che tradotto dal latino suona davanti al lago. L'identità tra "Antelamo" e "Intelvi" era stata invero intuita qualche secolo fa da Ermete Bonomi, ma fu dimostrata solo nel 1914 dal Monneret de Villard ed inequivocabilmente ribadita dal Bognetti negli anni quaranta del XX secolo. ' (Da 'La Valle Intelvi: le origini, la storia, l'arte, il paesaggio, gli artisti comacini', Marco Lazzati. 1986.)
Una delle prime testimonianze organiche del formarsi del nuovo stile romanico è il complesso monumentale di Galliano che comprende la basilica di San Vincenzo e il battistero di San Giovanni Battista terminati nel 1007 e situati in cima ad un colle presente nell'area urbana di Cantù sul luogo di precedenti edifici di culto del V secolo. La pianta della basilica è costituita da tre navate absidate, di cui una andata persa, esternamente si nota la tipica facciata a spioventi che segue l'inclinazione del tetto. La facciata è molto sobria, presenta un piccolo occhio circolare e un un occhio superiore a forma di croce, solo la parete esterna dell'abside è decorata da archi ciechi a tutto sesto. Lo spazio interno è diviso in tre navate da solidi pilastri a base quadrata che sorreggono le arcate a tutto sesto mentre la cripta della basilica è sorretta dalle volte a crociera a tutto sesto tipiche del romanico su colonne che presentano dei capitelli carolingi. Gli amboni che erano posizionati sopra gli ingressi della cripta sono andati persi e oggi rimane solo un elemento scultoreo raffigurante un'aquila. Il battistero di S. Giovanni, costruito in pietra grigia, ha una pianta interessante e a suo tempo originale il cui perimetro segue una linea sinuosa, nascondendo in parte il ritmo delle nicchie interne poste intorno al tiburio interno ottogonale. Le parti concave si alternano alle convessità di alcune nicchie esterne. Anche il tetto di ardesia tende a coprire uniformemente il piano superiore non evidenziando il complesso gioco di curve dell'edificio. In questo modo spicca ancor di più il tiburio ottagonale con la cupola.
Il vescovo Aribo di Magonza nel 1031, nel viaggio di ritorno da Roma, morì a Como dove cercava di ingaggiare muratori per la prosecuzione dei lavori del Duomo di Magonza. Intorno al 1050 migrò verso il Nord, fino al Danubio, la prima ondata di artisti lombardi;
Sempre in Lombardia la basilica di Santa Maria Maggiore, realizzata in laterizio, si trova a Lomello nella pianura pavese, ed è una delle più interessanti testimonianze architettoniche del romanico lombardo, segnato profondamente dall'influenza oltralpina dell'architettura ottoniana. In Italia è una delle chiese con le volte a crociera più antiche. La chiesa fa parte di un complesso, costruito tra il 1025 e il 1040 secondo le tesi del Porter, che comprende il battistero ottogonale di San Giovanni. I fianchi e l'abside della chiesa sono scanditi da lesene che sono unite tra loro da gruppi di archi a tutto sesto ciechi e come a Galliano le colonne monolitiche che dividono le navate hanno sezione quadrata.
'Nel 1010 il vescovo Alberico donò la chiesa dei Santissimi apostoli Pietro e Paolo ai monaci benedettini che, coadiuvati dalle celebri maestranze comacine, la eressero nelle attuali forme romaniche e vi costruirono l'adiacente monastero.' (Dal sito della diocesi di Como: www.diocesidicomo.it). Sottto i monaci benedettini venne riedificata interamente in pietra di Moltrasio e venne dedicata a Sant'Abbondio (in latino Abundius, o Abondius; Tessalonica, ... - Como, 468) che, di origine bizantine, è il quarto vescovo di Como ed è patrono della città e della diocesi di Como. La Basilica fu consacrata da papa Urbano II nel 1095. Presenta cinque navate assai slanciate, a sviluppare il senso di altezza e verticalità contribuiscono anche due notevoli campanili gemelli posti nella zona absidale, soluzione piuttosto comune nella zona renana, ma eccezionale in Italia. Le colonne centrali sono circolari e sono in muratura di pietra mentre quelle laterali sono sempre circolari ma monolitiche come a Galliano e Lomello. Il coro, ispirato alla Cappella Palatina di Aquisgrana, contiene figure zoomorfe, mostri, grifoni e draghied è costituito da due campate quadrate voltate a crociera che precedono un' abside scandita da quattro colonnine che nel catino diventano costoloni a sezione rettangolare.
Un' altra precoce apparizione degli archi romanici si ha nel duomo di Salerno, che è stato costruito tra il 1080 ed il 1085 dopo la conquista della città da parte di Roberto il Guiscardo i cui fratellastri Guglielmo, Drogone e Umfredo si erano distinti come abili mercenari dei signori longobardi in contrasto con l'impero di Bisanzio. La cripta ad aula con lo spazio scandito da colonne e con le absidi in corrispondenza con quelle del transetto superiore era una tipologia ben conosciuto nell'Europa ed in Italia Settentrionale ma era assolutamente inusuale in Italia centro-Meridionale.
Allinizio dellXI secolo nasce larchitettura romanica con una corsa sempre più assidua alla costruzione di chiese, cattedrali, basiliche, monasteri. "Era come se il mondo stesso, scrollandosi di dosso la sua vecchiezza, si rivestisse d'un bianco mantello di cattedrali", raccontava Rodolfo il Glabro monaco e cronista dell'XI secolo. Tale situazione, unita alla necessità dimpiegare il proprio tempo in preghiere e meditazioni (regola di San Benedetto), portò i monaci ad assumere dei costruttori esterni (Fratres Conversi), alcuni dei quali firmavano personalmente le loro opere, ma erano però sottomessi alle direttive della Chiesa, come specificava chiaramente il testo redatto durante il secondo Concilio di Nicea nel 787. Unitamente ai Maestri muratori nell'arte edilizia vanno gli Ordini religiosi monastici come i Benedettini e i Cluniacensi ognuno dei quali da un'impronta particolare ai loro edifici conforme allo spirito delle proprie regole monastiche. Ma oltre agli ordini monastici le città comunali erano impegnate a costruire basiliche, in Italia con una certa preferenza per i marmi rispetto alle arenarie, e gli annessi battisteri che dovevano in qualche modo rappresentare la grandezza della signoria.
Wiligelmo, originario della diocesi di Como, è il maestro delle sculture della facciata del duomo di Modena, il cui nome è tramandato da una lastra posta sul duomo stesso, dove i cittadini riconoscenti fecero scolpire una frase in lode del maestro. Per Modena scolpì diversi rilievi tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo, tra i quali i più famosi sono i quattro grandi pannelli con le Storie della Genesi (Creazione, Peccato dei progenitori, Uccisione di Abele, Punizione di Caino e l'Arca di Noè), che segnano la ripresa della scultura monumentale in Italia. Il complesso figurativo rappresenta un'allegoria della salvezza umana e della riconciliazione con Dio. Lo scultore conosciuto con il nome di Niccolò, allievo o comunque conoscitore di Wiligelmo, è il primo maestro del quale si conosca un corpus di opere firmate, ben cinque, che permettono di ricostruire i suoi spostamenti attraverso l'Italia settentrionale.
La prima opera firmata Nicolaus (Niccolò), allievo di Wiligelmo al cantiere di Cremona, è del 1122 e consiste nel portale destro della facciata del duomo di Piacenza, dove sono raffigurate le Storie di Cristo sull'architrave, caratterizzate da uno stile efficacemente narrativo, ma da un rilievo piuttosto schiacciato, che è bilanciato da una maggiore raffinatezza nei dettagli e un preziosismo quasi "pittorico". Questo stile ebbe un largo seguito a Piacenza, come negli anonimi artisti delle formelle dei Paratici, nella navata centrale, che rappresentano le corporazioni delle arti e mestieri che avevano finanziato la costruzione della cattedrale. La seconda testimonianza di Nicolaus si trova nella sacra di San Michele, in Val di Susa, in Piemonte, dove verosimilmente lavorò tra il 1120 e il 1130. Qui si trova la Porta dello zodiaco, con gli stipiti decorati da rilievi dei segni zodiacali, simili a quelli dei popoli fantastici nella Porta dei Principi di Modena, si riscontrano influenze del linearismo della scuola scultorea di Tolosa. Nel 1135 Niccolò si trovava a Ferrara per lavorare di nuovo a un protiro, dove per la prima volta venne scolpito anche il timpano, come si faceva già da un paio di decenni in Francia, poi lo troviamo nel 1138 nel cantiere della Basilica di San Zeno a Verona, ancora al lavoro ad un timpano policromo, e infine nel 1139 troviamo le ultime sue opere nel duomo di Verona: una Madonna in Trono, un' Annunciazione ed un'Adorazione dei Magi sempre nel portale. Eseguì decorazioni del battistero di Parma, un edificio del quale fu anche l'architetto e che rappresenta il suo capolavoro. A Niccolò si deve l'invenzione dei portali a strombo con sculture addossate alle colonne, che saranno presi a modello da due delle più celebri chiese di Francia, la basilica di Saint-Denis a Parigi e la cattedrale di Chartres.
A Modena Anselmo da Campione nel 1209 viene nominato quale creatore della Porta Regia in rosso di Sant' Ambrogio, è implicito quindi, che sia lui il creatore delle colonne ofitiche ivi presenti.
A Pavia la Basilica di San Michele Maggiore la cui costruzione attuale iniziò verso la fine dell'XI secolo (a cui risalgono la cripta, il coro e i transetti) e fu completata nel 1155 con l'incoronazione nella basilica di Federico I Barbarossa che, tedesco, si autoproclamava Re d'Italia dopo averla invasa come avevano fatto i Longobardi. La basilica è dotata di due campate a crociera quadrate. Si discosta dalle altre successive chiese cittadine per l'utilizzo estensivo, sia per quanto riguarda la struttura che le decorazioni, della soffice pietra arenaria (morbida quanto i travertini, tufi e alabastri) color ocra in luogo del laterizio che i marmisti, storicamente, non sono mai riusciti ad amare molto.
Lanfranco da Ligurno, frazione di Porto Valtravaglia sul lago Maggiore, (Ligurno 1196 - 1219) è uno dei primi architetti dell'attuale povincia di Varese del quale ci sia stato tramandato il nome. Col padre Domenico, Lanfranco da Ligurno verso la fine del XII secolo lavorarono a S. Maria del Monte in connessione allimpegnativo cantiere detà romanica. A Domenico e Lanfranco è attribuita la Madonna con il Bambino del Sacro Monte Nel documento datato 30 maggio 1196, ora in Archivio di Stato di Milano è riportato che "Domenicus magister de Livurno et Lanfrancus filius suus" fecero "portam et retias et scalam novam s.te ecclesie tunc" e cioè la porta, le transenne e la scala della chiesa di S. Maria del Monte. Queste opere si trovano nel museo Baroffio al Sacro Monte di Varese.
Nel chiostro di S. Michele di Voltorre di Gavirate Lanfranco lavorò e lasciò incisa la sua firma su un capitello< LANFRANCUS MAGISTER FILIUS DOMERGATII DE LIVURNO> (magister Lanfranco, figlio di Domenicaccio da Ligurno). È stato ipotizzato a Lanfranco spetti non soltanto l'esecuzione dei capitelli del chiostro del monastero fruttuariense di S. Michele di Voltorre, ma anche la sua progettazione.
'La taglia dei Guidi viene documentata dalla fine del XII secolo sino alla seconda metà del XIII secolo Contestualizzazione Con il nome collettivo di "Guidi" viene generalmente indicato un multiforme ed articolato gruppo di maestranze originarie delle aree dell arco alpino centro - occidentale (il Canton Ticino e la regione comasca) e appartenenti al più vasto insieme dei cosiddetti maestri comacini o lombardi documentati in varie regioni italiane ed europee In particolare i Guidi hanno svolto la propria attività soprattutto in Toscana - una specifica diramazione è però attestata all opera nel Trentino - in veste principalmente di architetti scultori e decoratori ed in tempi che oscillano tra gli ultimi decenni del XII secolo e gran parte del secolo successivo Il singolare appellativo di Guidi coniato agli inizi del Novecento è legato al fatto che proprio il nome di Guido è documentato numerose volte tra i membri delle famiglie che facevano capo alla taglia Tale circostanza legata alla consuetudine di tramandare uno stesso nome di padre in figlio al fine di garantire nel susseguirsi delle generazioni la continuità della tradizione della maestranza stessa costituisce un notevole ostacolo alla individuazione delle molteplici presenze del gruppo: la loro ricostruzione è in alcuni casi favorita dall esistenza di opere firmate e datate; più spesso le carte hanno però trasmesso una folta schiera di nomi di cui oggi risulta estremamente difficile individuare il profilo e stabilire le pertinenze A tali difficoltà si aggiungono quelle che derivano dalla pratica operativa di queste maestranze che lavoravano secondo un ottica di gruppo: essi adottavano forme consolidate di divisione del lavoro basate su procedimenti standard e schemi ripetibili con varianti minime in contesti e situazioni diverse ed in grado di consentire anche in assenza prolungata del capimagister esiti omogenei ed un livello qualitativo costantemente medio-alto La produzione rappresentativa dei Guidi che si impone in tutta la Toscana occidentale sostituendosi alla linea stilistica sino ad allora dominante quella sviluppatasi sull esempio di Guglielmo e Biduino almeno fino all affermazione dirompente di Nicola Pisano può essere articolata almeno in gran parte intorno a tre punti di riferimento: il primo pertinente a Guidetto tra la fine del XII secolo e gli inizi del XIII; il secondo relativo all attività di Lanfranco e agli anni Venti Trenta del Duecento; il terzo imperniato sull opera di Guido Bigarelli e collaboratori fra gli anni Trenta e Cinquanta del secolo Campo di attività I Guidi operano in Toscana in veste principalmente di architetti scultori e decoratori intervenendo per lo più nei cantieri di complessi già avviati In particolare essi si applicano al completamento delle decorazioni delle facciate di chiese o all approntamento di parti di arredo fisso interno: capitelli pulpiti fonti battesimali recinzioni presbiteriali La peculiare pratica operativa della taglia fondata su forme di rigorosa e disciplinata divisione del lavoro e favorita dalla presenza di un numero estremamente elevato di lapicidi ha consentito ai Guidi di estendere la propria attività in un ampia parte della Toscana occidentale: a partire dal centro operativo di Lucca in direzione di Pisa Prato Pistoia o verso le zone della Lucchesia e della Garfagnana In parallelo una loro diramazione ha operato anche fuori dalla Toscana: uno degli episodi meglio individuati è quello del Duomo di Trento Diverse componenti dell arredo interno ed esterno dell edificio sono infatti assegnabili per via documentaria a Guidobono di Lanfranco Bigarelli e al figlio di lui Giannibono Origine e formazione L arrivo a Lucca e nella Toscana occidentale di maestranze provenienti dalle regioni padane non è legato a date o ad eventi determinati Esso deve essersi tuttavia verificato in un epoca abbastanza precoce I segni della progressiva penetrazione di un gusto diverso rispetto a quello della linea dominante per tutta la metà del XII secolo che era fondato sulla tradizione di Guglielmo e di Biduino più incline ad effetti di levigata volumetria si colgono infatti già in alcune opere della seconda parte del secolo come ad esempio in alcune parti del pulpito di San Gennaro di Capannori presso Lucca firmato da maestro Filippo nel 1162 od in alcune opere assegnabili agli ultimi anni del XIII secolo come il capitello con leoni bicorpi di provenienza ignota e quello con protomi di leone dalla chiesa di San Silvestro entrambi al Museo Nazionale di San Matteo Uno dei primi indizi accertabili su base stilistica e documentaria della presenza dei Guidi può considerarsi la decorazione delle mensole del primo ordine interno del Battistero di Pisa Ad esse va infatti forse ricollegata una memoria documentaria attestante la presenza nella città di uno scultore Guido alla data 1183 in relazione alle decorazioni della Cattedrale Un maestro omonimo figura poi nel 1187 a Lucca come risulta da una iscrizione nella chiesa di Santa Maria Corteorlandini relativa alla costruzione dell edificio A tutt oggi non è tuttavia chiaro se si tratti nei due casi della stessa persona e se questa coincida con il più noto Guidetto che nel 1204 firma il frontespizio del Duomo di Lucca Altrettanto incerte appaiono le ipotesi sulla formazione dei lapicidi lombardi prima del loro avvento in Toscana L analisi stilistica induce a supporre con una certa verosimiglianza un iniziale formazione in veste di decoratori: il patrimonio di base con cui i Guidi si esprimono specialmente nelle prime opere sembra essere fondato su elementi visivi di pronto impiego e larga applicazione ovunque complessivamente sganciati da peculiari connotati storico-geografici da consuetudini specifiche del culto e aperti a diversi livelli di lettura dal semplice richiamo fino ai più sottili riferimenti simbolici Tale patrimonio si mostra partecipe della coeva cultura figurativa diffusa in ambito padano e francese e si fonda su morfologie ricorrenti: esseri vegetali animali umani spesso combinati a formare ibridi mostruosi; girali e fogliame ben caratterizzato; leoni orsi aquile altri animali e figure umane solitamente qualificate dall atteggiamento e dalle vesti come cacciatori e lottatori Anche fra le componenti strutturali le varianti sono altrettanto numerose e ben definite e rimandano al più vasto repertorio dei maestri comacini: colonnette levigate tortili o annodate architravi mensole fregi cornici capitelli figurali o con fogliame vegetale Alcuni fra tali elementi sembrano poi potersi considerare veri e propri motivi - firma: è il caso delle foglie carnose dai lobi stondati dei girali fuoriuscenti da mostri delle rosette a grandi sepali e spatolati e dei grappoli d uva di notevole risalto plastico Una volta impiantati in Toscana i Guidi non esauriscono tuttavia la loro formazione; essi anzi compiono una profonda rimeditazione sulle testimonianze più significative sino ad allora prodotte fra Pisa Lucca Pistoia Firenze e sugli esempi più autorevoli recuperando in modo più o meno marcato e sempre con una spiccata individualità schemi tipologie stilemi e tecniche di intaglio come nel caso della tarsia esperita e perfezionata sull esempio della produzione pisana e fiorentina Contatti e opere La produzione rappresentativa dei Guidi può essere articolata intorno al riferimento di tre personalità definite e meglio individuate; il primo è pertinente a Guidetto e comprende opere databili o datate tra la fine del XII secolo e gli inizi del XIII: il frontespizio del Duomo di Lucca firmato e datato 1204; ciò che resta dell originario chiostro del convento di San Ponziano sempre a Lucca; le mensole del Battistero di Pisa e i capitelli del Duomo di Prato dove lo scultore è documentato nel 1211 Il secondo appiglio è quello offerto dall attività di Lanfranco che cade intorno agli anni Venti Trenta del Duecento ed è legata alla realizzazione del fonte del Battistero di Pistoia e all arredo interno dell abbazia di Buggiano Il terzo infine è imperniato sull opera di Guido Bigarelli e collaboratori tra cui il fratellastro o cugino Guidobono fra gli anni Trenta e Cinquanta del secolo: a tale ambito vanno ricondotte le decorazioni del sottoportico del Duomo di Lucca il portale della chiesa di San Pier Somaldi sempre a Lucca il fonte e la recinzione presbiteriale del Battistero di Pisa firmato e datato nel 1246 e il pulpito o i pulpiti della chiesa di San Bartolomeo in Pantano a Pistoia del 1250 Da questo quadro restano tuttavia fuori una serie di opere anonime non datate e prive di appigli documentari non sempre riconducibili ad uno dei tre ambiti individuati: elementi dell arredo di chiese lucchesi della città e del contado spesso frammentari (San Giovanni San Michele in Foro Santa Maria Bianca San Giusto San Cristoforo Santa Maria a Diecimo San Giorgio di Brancoli San Cristoforo di Barga); i capitelli di colonne e pilastro nel Battistero di Pisa; la decorazione della facciata di San Pier Maggiore a Pistoia e numerose lastre a rilievo e intarsio disperse in vari edifici sacri della stessa città Si tratta dunque di una produzione molto vasta e composita; tuttavia al di là dei tratti di differenziazione formale individuabili tra i diversi membri la maestranza dei Guidi si caratterizza per il possesso di un repertorio organico e articolato e di una tecnica stabile e sicura '
Riferimenti bibliografici C BARACCHINI A CALECA M T FILIERI Problemi di architettura e scultura medievale in Lucchesia "Actum Luce" VII 1978 1-2 pp 7-26
G DALLI REGOLI I Guidi magistri mormorum de Lumbardia in Niveo de Marmore L uso artistico del marmo a Carrara dall XI al XV secolo catalogo della mostra Sarzana 1992 Genova 1992
V ASCANI s v Bigarelli in Enciclopedia dell Arte medievale III 1992 pp 508-513'
da http://www.comune.pisa.it/museo
Diverse fonti documentali hanno decretato la massiccia presenza di maestri lombardi in territorio toscano, soprattutto scultori ed architetti, le zone maggiormente interessate sono state, fin dal X secolo, alcune fra le maggiori città toscane (Pisa, Siena, Volterra, Massa Marittima, Grosseto), varie colline e vallate (Val di Cecina, Val di Cornia, colline Metallifere, Val dElsa, vallate alle pendici del Monte Amiata, Val dOrcia), oltre al territorio costiero di Livorno e Talamone. A partire dalla seconda metà del XII secolo si nota una notevole diffusione nei cantieri di lavoratori lombardi, e ciò emerge osservando e riscontrando una similitudine di caratteri stilistico-decorativi ma anche architettonico-strutturali (materiali da costruzione, planimetria) in molti degli edifici in cui si è a conoscenza della loro presenza. Proprio per questa loro attiva e presente partecipazione ai lavori nei cantieri della Toscana, larte e larchitettura della regione dallXI al XIII secolo ricevono una forte influenza lombarda nei moduli compositivi. Tale influenza è notevole in area senese, dove la presenza lombarda è massiccia. ('I segreti della pittura e del suo mercato' di Leonardo Echeoni). Nel 1188 abitava a Lucca un Maestro Guido, il quale vi fabbricò la chiesa di S. Maria Corteorlandini fuori della città "nell'anno appresso a quello in cui, come dice un epigrafe," i Saraceni sotto il perfido Saladino s'impadronirono del tempio e della Croce di Cristo, che fu il 1187". Quella iscrizione termina con le parole: 'Guidus maiser edificavit.' ( il Maestro Guido edificò). L'argomento più valevole per stabilire che la Patria di Guidetto , scultore e architetto in Lucca, è Como lo si ha dal fatto che egli, nel 1250, lavora con maestria al pulpito di S. Bartolomeo in Pantano di Pistoia, nel quale lascia inciso il suo nome e la patria: sculptor laudatos - Guido de Como.
Cesare Cantù nella sua "Storia della città e della diocesi di Como" (Firenze, Le Monnier 1857) elenca tra le opere di Guido da Como l' Arca di San Domenico a Bologna che riporta queste lettere ' Sculptor laudatus qui doctus in arte probatus - Guido de Como quem cunctis carmine promo - AD MCCL - est operi sanus superstas Tarrisianus'.
Un documento storico dell' Archivio di Stato di Lucca, Opera di Santa Croce; Reg. II, carta 24 tergo del 1274 cita un maestro " Gianni quondam Boni da Como" che venne eletto operaio maggiore e che nell'atto di presa di possesso dell'ufficio" promette di erogare le rendite della Chiesa del S. Martino in costruzioni e restauri della Chiesa e del campanile, e di lavorare e far lavorare di continuo a utilità dell'Opera medesima". Il maestro Gianni Lombardo è citato anche in un documento del 31 agosto 1274. A maestro Giovanni succedette un altro comacino nella carica di Operaio, certo Cattano Martini detto il Biscione, forse dal luogo della sua origine,sul lago di Lugano, la patria di Giovanni Bono che, quasi contemporaneamente nel 1281 scolpiva nella Cattedrale di Parma. Da un istromento del 9 aprile 1348, rogato da ser Jacopo Filippi, si rileva che questo Cattano Martini era figlio di un Jacopo, chiamato anch'egli il Biscione, di Borrino, terra del vescovado di Como, frazione probabilmente di Biscione, oggi scomparsa; distinguevasi come archimandrita dell' Opera di Santa Croce in Lucca e dispose per testamento di essere seppellito nel S. Martino, in una parte nuova, e lasciò molti legati a quella Chiesa, e condonò i suoi crediti per affezione e riverenza. Ricciardo da Como nel 1332 era Ufficiale Maggiore e Generale delle strade e acquedotti di Pisa. La facciata del San Michele in Foro a Lucca è attribuita a Guidetto da Como, come quella del San Martino, la cattedrale cittadina, che reca due colonne annodate in facciata.
Nella chiesa di Monterappoli, databile al 1165, da un'epigrafe posta sull'architrave del portale, si viene anche a conoscenza del nome di uno di questi maestri, Boniserio, vir probus ex gente lombarda . Un secolo più tardi circa, negli stessi territori circolava maestro Balugano da Crema che si ipotizza abbia progettato la Fonte delle Fate all'interno del castello di Poggio Bonizio , mentre tra il XIII ed il XIV secolo altri lombardi lavorarono alla costruzione del Palazzo Pubblico e del Duomo di Siena, dove tra l'altro nel 1260 due maestri furono chiamati per valutare la stabilità delle volte
Biduino (1150 ca 1200 ca) esponente del romanico pisano è attivo nel periodo 1173-1194 e si ritiene che il suo nome derivasse dal luogo in cui era nato, Bidogno, nei pressi di Lugano. Realizza il portico della Pieve di San Paolo a Capannori (Lucca), gli architravi della facciata della chiesa di San Salvatore a Lucca, alcune sculture della facciata del Duomo di Pisa, una transenna duecentesca raffigurante "Sansone e il leone" e la "Madonna in trono col bambino" entrambe presenti nel Museo nazionale Guinigi a Lucca, nonché le decorazioni della facciata a loggette della Pieve di San Paolo a Capannori in provincia di Lucca. Per la Pieve di San Casciano a Settimo vicino a Pisa realizza l'architrave su cui è visibile l'iscrizione "Hoc opus quod cernis Biduinus docte peregit", inoltre scolpisce le decorazioni del portale della chiesa di San Leonardo al Frigido (MS), oggi presso le Cloister Collections del Metropolitan Museum di New York.
Nel Battistero di Pisa ove anticamente erano dei serbatoi o piscine per attingervi l'acqua lustrale, sorgeva un edicola, della quale rimane qualche traccia, che accoglieva un altare e aveva un' iscrizione, in cui stava non solo il nome ma anche il prenome e la patria del maestro scultore e architetto. L'iscrizione fortunatamente fu conservata ed è così scritta in caratteri del'età: A.D. MCCXLVI - sub Jacobo Rectore loci - Guido Bigarelli de Cumo fecit opus hoc - ( anno 1246 - sotto Jacopo Rettore del luogo - Guido Bigarelli da Como fece questa opera).
Una mirabile costruzione non adeguatamente considerata in letteratura è Santa Maria del Tiglio a Gravedona davanti a Piona sul lago di Como. Edificata nel XII secolo su un precedente battistero ottogonale paleocristiano, è unica nel panorama del romanico italiano per l'alto campanile sulla facciata, simile a quelli renani e borgognoni, che ha base quadrata e contiene il portale d'ingresso lievemente strombato, mentre la parte superiore è ottagonale e per la disposizione delle absdi. La chiesa costruita interamente con bande alternate orizzontali di marmo bianco di Musso e di pietra nera di Olcio è molto sviluppata in altezza. I fianchi sono orlati da tipici archetti ciechi pensili e dal sovrastante motivo a dente di sega. Le decorazioni scultoree presentano motivi a labirinto, un serpente avvolto nelle sue spire, un nodo gordiano, un centauro che caccia un cervo e motivi geometrici. Una sequenza di alti archetti pensili a sesto acuto sottolineano i ripidi spioventi della facciata. Una precoce comparsa in italia che fa pensare a dei contatti con il territorio francese e con il gotico.
Una diretta filiazione dello stile del Romanico Lombardo è la Basilica di San Zeno a Verona, dove sono citati quasi tutti gli elementi architettonici, dalla facciata a spioventi tripartita, alla galleria di loggette (sebbene qui interpretata con doppie colonnine), ai grandi pannelli scultorei accanto al portale, all'articolazione interna, il protiro è firmato dal maestro Niccolò ed è del XII secolo. Il resto del Veneto fu dominato dalle influenze che filtravano da Venezia, ma una citazione di modi lombardi è riscontrabile nei due ordini di loggette lungo la zona absidale della chiesa dei Santi Maria e Donato a Murano.
I muri laterali di san Zeno presentano bande alternate orizzontali di marmo rosso di Verona e di biancone come Santa Maria del Tiglio erano in bianco e nero e anticipano la rinascimentale tendenza stilistica fiorentina.
A San Zeno, dove sono presenti delle colonne intrecciate in rosso Verona, ha operato lo scultore e architetto Benedetto Antelami (Val d'Intelvi, 1150 circa 1230 circa). Famoso per l'edificazione del battistero di Parma, considerato come il punto di giunzione tra il l'architettura romanica e l'architettura gotica, di cui ne iniziò la decorazione nel 1196, come attesta un'iscrizione sul portale. Il prezioso marmo rosso di Verona cessò di arrivare a Parma per i contrasti politici con il ghibellino Ezzelino da Romano, signore di Verona, e solo nel 1249 fu possibile rimettere mano alla costruzione dei registri superiori del battistero e la conclusione dell'opera avvenne entro il 1270. Altra opera di Benedetto Antelami è il duomo di Fidenza dedicato a San Donnino che è stato progettato da Benedetto e realizzato dalla sua scuola tra i secoli XI e XII e rappresenta uno degli esempi più importanti del romanico emiliano. Benedetto iniziò la facciata ma fu richiamato a Roma prima del termine dei lavori (cosa che per una cattedrale è abbastanza normale). Le colonne del protiro in rosso Verona poggiano su due possenti leoni stilofori. Si è ipotizzato che abbia lavorato come apprendista alla chiesa di Saint-Trophime ad Arles perchè le sculture in arenaria, i temi e lo stile sono veramente simili. Esegue inoltre al Duomo di Parma 'La Deposizione', bassorilievo in rosso Verona di 2,30 m X 1,10 adesso sulla parete del transetto destro che reca l'iscrizione ANNO MILLENO CENTENO SEPTVAGENO OCTAVO SCVLTOR PAT(RA)VIT M(EN)SE SECV(N)DO - ANTELAMI DICTVS SCVLPTOR FVIT HIC BENEDICTVS (Nel secondo mese dellanno 1178 uno scultore eseguì - Questo scultore fu Benedetto Antelami).
Suo discepolo è il cosiddetto Maestro dei Mesi, l' anonimo scultore artefice di un ciclo dei mesi già al Duomo di Ferrara, oggi conservato nel Museo della Cattedrale. Nel ciclo dei mesi egli scolpì dodici figure con i lavori agricoli stagionali o altri soggetti ispirati all'analogo ciclo di Antelami e bottega presso il Battistero di Parma.
Le maestranze edili seguirono in seguito san Zeno nel suo viaggio evangelico volto alla cristianizzazione dei pagani in Ungheria dove esiste ancora una venerazione di Zeno Vescovo di Verona. Una considerevole corrente di Maestri Comacini passò da Como al Tirolo: Attraverso la Chiesa veronese, la Valle del Sarca ed oltre le Giudicarie migrarono i maestri ed allievi lombardi verso il Tirolo italiano e fecero di Trento una piazzaforte della loro Arte. Li crebbe sotto le loro mani lo sfarzoso e puro Duomo Lombardo. (Egg). Così vengono chiaramente spiegate anche senza specifica testimonianza le colonne annodate del Duomo di Trento. E' stata dimostrata la presenza dei Comacini con certezza a Trento,dove dal 1212 lavorarono Mastro Adamo di Arogno, più tardi suo figlio Enrico ed i suoi figli Zanibono e Adamo; dal 1305 Mastro Egidio da Campione e suo figlio Benino (1321-1354). A Trento la piazza antistante il Duomo si chiama "Piazza Adamo dArogno",quindi a tutt'oggi riconosciuto personalità non trascurabile in questa città.
Il vicus Sant' Ambrogio che e' il nucleo della moderna Sant' Ambrogio Valpolicella sull'Adige, patria del marmo ovvero luogo di estrazione del marmo Rosso di Verona e della prima fiera mondiale della pietra naturale la Marmomacc iniziata nel 1969 a villa Bassani, secondo le voci di valle il paese nascerebbe da un nucleo di lapicidi della diocesi di Sant'Ambrogio. E' interessante comunque notare che San Zeno è patrono di Campione. Per quanto riguarda il legame stretto tra lapicidi lombardi e Sant'Ambrogio Valpolicella è fondamentale il libro 'Marmi e lapicidi di Sant'Ambrogio in Valpolicella' edito dal Centro documentazione storico della Valpolicella del Comune di Sant' Ambrogio Valpolicella a cura di Pierpaolo Brugnoli e Altri - 1999, che in 527 pagine testimonia l'origine lombarda, campionese in particolare, di moltissime famiglie storiche santambrogine ricostruendono la genealogia e le opere realizzate di famiglie come Alberti, Rossetti, Zorzi, Chiereghini, Piatti, Gasparini, Cecchini, Tomezzoli, Menini, Savoia. Ad esempio si citano tra i campionesi Zanino di Andreolo che risulta a Sant'Ambrogio nel 1414, Antonio Beltramo da Campione nel 1426, il maestro Rigo, l'intero casato dei Polini trasferitosi in valle nel periodo. I discendenti dei campionesi si stabilirono definitivamente in paese ma certo non dimenticarono l'arte della lavorazione del marmo essendo Sant'Ambrogio, oggi, la capitale mondiale del marmo e la sua fiera, quella di Verona, la prima al mondo per importanza. (www.marmomacc.com)
Di Giorgio da Como conosciamo solo le sue opere tra le quali si ricordano il duomo di Fermo (1227), il portale del duomo di Ancona in stile romanico-gotico e costruito con pietra bianca e rossa del Conero (1228 circa), un'acquasantiera per il duomo di Jesi (1227) e la pieve di San Giovanni Battista a Penna San Giovanni costruita tra il 1251 e il 1256.
A Volterra operarono altri maestri lombardi. In un'epigrafe del 1257 apposta sulla facciata del Palazzo dei Priori, realizzata forse in occasione della chiusura del cantiere, è nominato come artefice dei lavori Riccardus da Como. Ulteriori fonti epigrafiche attestano l'attività di un altro specialista, Giroldo da Como, nel 1250 costruttore e probabile progettista nel cantiere della torre di Giovanni Toscano , impegnato poi, nel 1252, a sovrintendere la costruzione della pieve e di una torre nel castello di Monte Voltraio. Inoltre scolpisce l' altare della Divina Provvidenza per il duomo di Carrara e i battisteri per il duomo di Massa e per il duomo di Massa Marittima a Grosseto.
Cesare Cantù attribuisce il portale della cattedrale di Cremona, con i profeti e i bassorilievi sull'architrave, del 1274 a Giacomo da Como e riporta l'incisione presente sull'opera 'MCCLXXIIII Magister Jacobus Portata de Cumis fecit hanc portam'.
Kuhn, sullarchitettura in Franconia scrive: Una strada quasi millenaria porta dallItalia settentrionale a Würzburg ed in Franconia. I Comaschi hanno posto le basi della Würzburg romanica e lhanno portata a termine nello splendore del barocco; questo si esprime anche nel chiostro di Neumünster, nella costruzione della primitiva chiesa tonda sulla fortezza, come nel St. Kilansdom e, nel suo opposto temporale, la Residenza. Le maestranze si spostavano molto e la loro opera è documentata su tutte le Prealpi, nella Pianura Padana, nel Canton Ticino, nel Lazio agli inizi del IX secolo, ed alcuni di loro si spinsero a lavorare fino in Germania, Danimarca e Svezia.
Il lavoro in pietra e muratura era quasi sconosciuto ai Germani, cosicché dovettero essere chiamati gli scalpellini ed i muratori del lago di Como per questo genere di lavori.
La cripta di Klosterrad (ora Herzogenrad bei Aschen), secondo documenti, fu eretta negli anni 1104-1108 scemate longobardo ossia al modo dei longobardi. Intorno a questo procedimento edilizio longobardo nella stessa località, però con distacco cronologico, ci informa Schaffran: nel 1158 a Rolduc (olandese Rolduc = Klosterrad) viene costruito scemate langobardico. E Schaffran prosegue: ed in Catalonia, sul Reno ed in tutta la Penisola appenninica vengono nominati i comaschi.
Dai documenti ecclesiali il monaco Gebhard nel 1122 porta operai da Como in Baviera per la costruzione del monastero di Bernried.
Tra gli edifici si ricorda la cattedrale romanica di Freising, Koenigslutter, Mainz, Quedlinburg, Regensburg, Speyer, le chiese di Straubing, Schongau, Augsburg, le chiese in Austria di Millstatt (1080), Gurk (1140), Nonnberg (XII sec), Michel Beuren (1200) e Kremsmünster (1250) e in Svizzera, la cattedrale di Basilea, Coira e Zurigo.
Lungo la valle del Reno, via naturale dei Maestri nelle loro pellegrinazioni edilizie, troviamo la celebre abbazia di S. Maria del Lago (Aus Maria Laach), con tiburio quadrato sulla crociera, campanili rotondi e abside poligonale; la cattedrale di Magonza, con doppio coro, due navate trasversali ciascuna con il proprio tiburio, e quattro torri campanarie; quelle di Spira, fondata nel 1030 e rinnovata a volta dopo gli incendi del 1137 e 1158, e di Worms (996-1006), splendido romanico, con due absidi opposte senza facciata, ingressi laterali, quattro torri rotonde e tiburio ottagonale con galleria esterna. L'architetto lombardo Nicola di Verona esegue la Cattedrale di Königslutter (iniziata nel 1135). Un canonico di Ratisbona del convento di St. Mang nel 1146 raccomandò all Arcivescovo di Milano un Capocantiere di Como occupato a Ratisbona come particolarmente esperto .
I Lombardi nel primo medioevo erano considerati costruttori particolarmente eccellenti. Il periodo tra l11° e il 13° secolo fu il periodo della grande espansione che li porta fino in Ungheria, Jugoslavia ed Inghilterra. È documentato che lavoratori dellItalia Settentrionale erano al lavoro a Quedlingburg (Egg).
In Baviera è documentabile la presenza di costruttori da Como sin dal 12° secolo. Così, secondo Ratzinger, si spiega limpronta italiana di molte città interne della Baviera, ad esempio Rosenheim, Wasserburg, Passau; inoltre erano presenti al Duomo di Freysing, alla Cappella del Castello di Burg Traunsitz a Landshut, alla cappella circolare di Altoetting, a San Zeno presso Reichenhall. La cattedrale di Lund in Svezia è firmata da un mastro Lombardo tale Donato.
Oltre ai documenti scritti, spesso gli scalpellini lasciavano dei segni a modi firma su alcune pietre che componevano le loro opere, usavano scolpire i loro segni sui conci, nei sottotetti o sulle pietre lavorate; i graffiti avevano molteplici scopi e comprendevano sia segni dei tagliatori di pietra, che lavoravano a cottimo e che pertanto marchiavano la loro pietra per ottenere il salario, segni di maestri tagliatori, non facilmente distinguibili da altri segni e infine segni di maestri di cava, di gran lunga i più numerosi e che sono del tutto simili a quelli dei tagliatori di pietra, ma oltre ad avere un significato di identificazione e di responsabilità, assumevano un significato di pubblicità assai simile ad un marchio di fabbrica, con informazioni riguardanti anche la proprietà tanto del cantiere quanto del materiale. I lapicidi usavano inoltre incidere nel pallio degli altari varie forme di croci , dalle quali era possibile identificare lautore. Un tipico simbolo distintivo dei maestri comacini era la Rosa Comacina, simbolo di buon auspicio e come tale messo anche sul pane (oggi è nelle forme per le tigelle romagnole). Si tratta, infatti, di un simbolo dalle origini antiche, citato anche su una stele etrusca del IV secolo ritrovata nel Bolognese, che compare fin dallepoca del bronzo. La rosa a sei petali è la bandiera della Lega Nord, della lingua francoprovenzale o arpitano e fa parte del gonfalone della provincia di Lecco. Nel tempo, la Rosa Comacina - il cui nome deriva dal termine Comacini con cui venivano indicati i mastri scalpellini lombardi è stata chiamata anche rosa celtica, fiore a sei petali, rosa dei pastori e definita nel medioevo anche rosa carolingia e sole delle alpi.
Citiamo con piacere il sito ufficiale del comune di Sanbuca Pistoiese: 'Gli architravi della porta di ingresso delle abitazioni antiche costituivano la presentazione, il biglietto da visita del proprietario, che generalmente vi faceva incidere sopra la data e le iniziali del proprio nome. Essi portavano spesso ornamenti quali la tradizionale rosa a sei petali, la cosiddetta rosa comacina, o mammelle auguranti prosperità (negli edifici a carattere religioso troviamo croci di vario tipo o il monogramma di Cristo). In alcune località, ad esempio Torri, Pòsola, Lagacci, Caviana gli edifici sono 'firmati'. L'antico magister lapidum ha lasciato incisa sulla pietra l'impronta della mano. Su altre pietre invece ha lasciato, accanto alla data, il disegno degli attrezzi del mestiere: il martello, lo scalpello, la squadra. Se si osservano con attenzione i muri su cui il tempo ha lasciato una in confondibile pàtina, le pietre possono riservarci inaspettate emozioni: si possono infatti scoprire antichi volti, inquietanti figure scolpite nella pietra, che ci guardano....'Secondo Arturo Palmieri (I Maestri comacini nell'antico Appennino Bolognese in La Montagna bolognese nel Medioevo) i comacini giunsero nell'Appennino emiliano dalla vicina Toscana: «Orbene io penso che... i maestri comacini immigrassero nell'Appennino bolognese.., dalla vicina Toscana, una delle regioni d'Italia, nella quale quei lavoratori lasciarono più vasta traccia dell'opera loro e più durevole ricordo di sé». A Sambuca, terra di confine, senza dubbio i maestri comacini transitarono e lavorarono, qualcuno di essi si fermò e qui lasciò tracce durevoli del suo talento e della sua abilità tecnica. E certo da loro i nostri lontani antenati appresero l'arte di cavare, lavorare, utilizzare, murare la pietra. Generazioni di scalpellini si susseguirono nel territorio di Sambuca.' www.comune.sambuca.pt.it
A Sanbuca in provincia di Pistoia, vicino Fiorenzuola, si estrae la pietra Serena che è una pietra arenaria di colore grigio particolarmente utilizzata nell'architettura e in parte anche nella scultura. È tipica dell'architettura toscana, ed in particolare di Firenze, anche se non viene solitamente usata per il taglio dei blocchi da muratura, ma per elementi isolati o decorativi come colonne, cornici e costoloni. Filippo Brunelleschi la usò nei suoi capolavori a Firenze.
'Con la diffusione del cristianesimo e la conseguente proliferazione di edifici sacri, il marmo diventa uno dei materiali privilegiati per le architetture gotiche e romaniche. Ciò si deve soprattutto all'arrivo dei "maestri comacini", un gruppo di architetti che farà del marmo carrarese uno degli elementi cardine dei duomi e delle chiese di Pisa, Firenze, Orvieto, Genova e Lucca. Tra questi spiccano Giovanni e Nicola Pisano, di cui si ricorda soprattutto il pulpito nel Battistero di Pisa.' dal sito www.toscanaviva.com