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LA NOMENCLATURA COMMERCIALE DEI MATERIALI LAPIDEI
31. July 2006 14:01
(last updated: 27. February 2010 15:41)
Pubblicato in CAVE E GEOLOGIA

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A riguardo dei diversi modi od espressioni con cui ci si rivolge alla pietra naturale vi e' una discreta confusione terminologica. Il termine generico “pietre” è utilizzato per designare tutte le rocce estratte a fini costruttivi o decorativi, mentre la denominazione “rocce ornamentali” indica le sole pietre lucidabili.

(foto: sodalite della Namibia lavorata a lucido a dimensioni reali)

In effetti il termine marmo deriva dal greco antico marmaros, con il significato di "pietra splendente", e serviva ad indicare tra le rocce quelle lucidabili ovvero quelle che si usava porre come pavimentazione o rivestimento nei luoghi pubblici e nelle case.
In questo senso il marmo e' quel tipo di roccia che per qualita' estetiche e strutturali viene commercializzata e quindi utilizzata in edilizia ed e' una accezione che include anche graniti, porfidi, alabastri purche' lucidabili. Questa tradizione semiotica si e' condensata nel modo dire comune fino ai nostri giorni, infatti la professione e' il marmista che usa appunto macchine marmo ma ovviamente e' ben disponibile a farvi un lavoro usando graniti, porfidi, arenarie, onici e ogni altro tipo di pietra naturale come non si vedra' mai una ditta proporsi come produttrice di 'macchine onice' o 'macchine quarzite'.

La petrografia invece con il termine marmo definisce tutt'altra cosa. Partendo dalla distinzione tra tre tipi di rocce, in relazione al loro processo di formazione o ciclo litogenetico si hanno rocce
- ignee (di derivazione vulcanica)
- sedimentarie ( dovute all' erosione ed al successivo depositarsi di materiale )
- metamorfiche ( prodotto della trasformazione chimico fisica delle rocce sedimentarie )
quindi tipicamente nella petrografia si da questa definizione
'il marmo e' una roccia metamorfica composta prevalentemente di carbonato di calcio '
e si fanno coincidere i graniti con le rocce ignee, i marmi con le rocce metamorfiche e le arenarie con le rocce sedimentarie.
In questo modo "marmo" diventa solo una sottocategoria di tutte le rocce lucidabili insieme ai graniti, le onici, le ardesie, le quarziti e via dicendo. Anche quello che a Verona viene considerato "il marmo" per eccellenza, il Rosso Verona, non e' in petrografia un marmo ma una roccia sedimentaria, cosa che comunque non ha portato i marmisti a cambiare nome alla propria professione.

In ambito commerciale i lapidei vengono tradizionalmente classificati secondo una terminologia poco affine a quella petrografica (che tenga cioè conto della composizione chimico-mineralogica e microstrutturale del materiale); la norma UNI 8458 infatti distingue in quattro categorie in base alla durezza secondo la scala di Mohs (classificazione empirica che esprime la resistenza alla scalfittura; consta di dieci termini, dal più tenero al più resistente - talco, gesso, calcite, fluorite, apatite, ortoclasio, quarzo, topazio, corindone, diamante) o al tipo di lavorazione che richiedono:

In ciascuna categoria sono riuniti materiali molto diversi non solo per caratteristiche estetiche, reperibilità, prezzo e lavorabilità, ma anche per proprietà fisico-meccaniche. (vale a dire proprietà meccaniche imprescindibili dall’impiego della roccia in generale e proprietà che influenzano sia la lavorazione sia l’utilizzo specifico del prodotto finito nei vari contesti edilizi e architettonici). Consapevole delle ambiguità di una nomenclatura così generica, il CEN (Comitato Europeo di Normalizzazione) ha redatto una nuova norma europea, la EN 12440, pubblicata nel 2001 ed recepita come norma UNI.
Secondo la EN 12440 i criteri per la denominazione delle pietre naturali sono: il nome tradizionale della pietra naturale; la sua “famiglia petrologica”, ovvero il suo nome scientifico determinato dall’analisi petrografica (eseguita secondo norme EN 12407 e prEN 12670); il suo colore tipico e le naturali variazioni, la zona d’origine, indicata con la massima precisione, possibilmente anche con la cava di provenienza; ed altre informazioni, come la tecnica di lavorazione e le caratteristiche naturali del materiale, quali la presenza di vene o inclusioni, fratture, strutture, ecc.

(foto: Macchiavecchia di Arzo a finitura lucida, dimensioni reali. A volte la natura compete con i pittori)

Infine i marmisti dovendoci lavorare con il marmo lo hanno classificato semplicemente in base al colore e non alla geologia del materiale e li hanno divisi tra marmi monocromi o policromi come segue

MARMI MONOCROMI
Divisi a loro volta in:
bianchi
bianconi
bianchicci
bardigli
colorati, categoria che comprende tutti gli altri colori sempre a tinta unita che comprende nero, verde, rosso, viola, rosa, giallo...

MARMI POLICROMI
Materiali caratterizzati da diverse tonalità cromatiche e suddivisi a loro volta per la disposizione del colore in:
Arabescati
Brecciati
Fioriti
Listati
Macchiati
Mandorlati
Screziati
oppure sono divisi per tipo di colore
cipollini (fondo grigiolino-azzurrognolo con venature verdastre )
paonazzi (fondo giallo chiaro con venature viola e verde )
fior di pesco (fondo bianco con venature rosso violacee )
serpentini (verdi striati)
broccatello (rosso scuro e chiaro a zone arrotondate come si dice per i tendaggi)

Una volta definito il colore si aggiunge il luogo di estrazione e si ha il nome del marmo, rosso Verona, bianco Carrara, serpentino Valmalenco, arabescato Orobico, arabescato Vagli e via dicendo. A volte si sottointende il luogo come per il bardiglio vuol dire che per antonomasia si intende quello di Carrara. Al contrario a volte si sottointende il colore e si dice solo il luogo di estrazione come per il Botticino. Marmi non lucidabili, o non lucidati, sono normalmente definiti pietre (termine sconosciuto alla geologia) e identificate con il luogo di estrazione come la pietra di Credaro.

Quindi, riassumendo, si sovrappongono diversi significati dati alla parola marmo, il primo del senso comune identifica le pietre con valore commerciale, tutte, il secondo scientifico lo relega a sottoclasse delle rocce metamorfiche e lascia spazio ad altri nomi come graniti, onici, gneiss, serpentini, quarziti e via dicendo.
Il problema si complica ulteriormente nelle traduzioni, gli inglesi usano stone (pietra) e non marble per identificare le rocce commerciabili e come nella classificazione scientica considerano il marmo uno dei tanti sottotipi delle pietre naturali, quindi non direbbero "marble equipments" ma "stone equipments" per indicare le macchine marmo. Ciononostante l' importanza storica del settore della pietra naturale italiano e' riuscita a sostenere la traduzione letterale di marmo (Si pensi ad esempio al Marble Architectural Award della fiera di Carrara), tanto che "marble" e', in una certa qual misura, identificativo di tutta la categoria delle pietre naturali anche in inglese. Negli USA la più importante associazione per la pietra naturale è il MIA, marble institute of America e naturalmente in questo caso la parola 'marmo' è usata all'italiana, infatti il 'marble institute' si occupa tutte le pietre estratte a fini edili ornamentali e non solo i marmi geologicamente intesi. Avrebbero potuto (e forse dovuto stando all'inglese) chiamarla Stone Institute of America ma invece...



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