Quando cammino o passeggio, - spiega l'architetto Renzo Marrucci dell'associazione Sos Volterra - gli occhi mi vanno spesso a terra, sulla pavimentazione storica di Volterra, su quel bellissimo materiale che è la panchina gialla, tendente al rosa con venature di scuro blu nella uniforme varietà di sfumature e alle conchiglie rimaste intrappolate dal tempo. Volterra, magica e misteriosa: la 'città del vento e del macigno' di D'Annunzio che vi scrisse ' forse che sÏ, forse che no ' nel 1909 quando diede il nome alla più celebre statuetta votiva etrusca chiamandola ' l'ombra della sera ' poichè nel guardarla gli venivano in mente le lunghe ombre del tramonto. Città dai profili severi, dalle compatte viste del periodo medievale quando era ridotta a 26 ettari, cinta da mura, su un perimetro di 2600 metri, entro cui è compresa anche la città di oggi, mura meno imponenti ma sempre sufficienti a difenderla dagli assalti delle città di Pisa, Firenze, Siena e di San Gimignano con la quale rivaleggiava con le sue case torri. Città ricca per i metalli delle vicine colline metallifere,
Volterra: al punto più elevato di un'alta collina tra le valli dell'Era e del Cècina in un paesaggio che al verde frammischia linee dure di creste. Sulle colline circostanti, fatte in prevalenza di sabbia e argilla, l'erosione ha disegnato ovunque calanchi e 'biancane': cupole candide formate dal solfato di sodio che si deposita per affioramento. Nel Miocene, estesi tratti di mare avevano ricoperto l'attuale Val di Cecina e tutte le altre valli fluviali della Toscana fino ai piedi dell' Appennino. Successivamente con la chiusura e l'evaporazione di questi laghi salati, ricoperti poi da sedimenti del Pliocene, si sono formate grandi lenti di salgemma descritte da Plinio prima e da Galeno poi. Nelle argille Plioceniche e Mioceniche è frequente il gesso cristallizzato, mentre il gesso saccaroide viene estratto industrialmente dalle cave di Buriano e in altre zone nei dintorni di Volterra, dove affiorano anche formazioni di alabastro gessoso che è stato usato fin dall'antichità per lavori artigianali.
L'apertura della strada romana che collegava Pisa a Tortona attraverso l'Appennino, determinò la decadenza della Volaterrae romana per un periodo di sei secoli fino al V secolo con l'affermazione del potere vescovile e diventare libero Comune del XII secolo. La pietra panchina o panchino Velathru : la città di pietra edificata dagli Etruschi, provenienti da Populonia, città difesa dalle ciclopiche mura dello spessore di 10 metri su un perimetro di 7200 metri che racchiudevano un'area di 102 ettari dove viveva una popolazione stimata in 25.000 abitanti. Sul lato meridionale delle mura si apre la Porta dell'Arco: il principale monumento architettonico della Volterra etrusca. Gli stipiti sono formati da blocchi di considerevoli dimensioni, in pietra arenaria chiamata localmente Panchino. Le tre teste, scolpite nella selagite, una roccia estratta nella zona di Montecatini Val di Cecina, stavano ad indicare la triade di dei che dovevano vegliare su Volterra, mentre i conci dell'arco sono di 'tufo di Pignano', una pietra calcarea la cui cava si trovava nei pressi di Volterra. La pietra panchina trova impieghi anche nelle recenti costruzioni come la casa dove abita la famiglia Bessi, costruita nel 1830, ed ora a ridosso del Park Hotel le Fonti che Pedro Bessi gestisce con il padre Ghebo Vero che custodisce i calchi delle opere d'arte del padre: Mino Bessi e del nonno Giuseppe. Il panchino presenta diverse varietà, tra cui una di grana più fine e colore bianco utilizzato anche per urne cinerarie in alternativa al più elegante alabastro.
Alabastro
L'alabastro, formatosi nel territorio volterrano durante il periodo miocenico dalla concentrazione di sali marini, in particolare cloruro di sodio e solfato di calcio, è una pietra candida talvolta venata, variamente opalina e molto più morbida del marmo, che si presta ad essere impiegata in lavorazioni ricche di dettagli ed in oggetti luminosi. L'alabastro viene estratto sotto forma di blocchi ovoidali in gallerie a profondità variabile da 50 a 100 metri situate a Castellina Marittima o in cave a cielo aperto nelle località di Pomarance, Gesseri e Ulignano. La varietà di alabastro che si lavora in questa zona è il solfato di calcio idrato, chiamato alabastro gessoso per il colore latteo; viene estratto più ad ovest, nelle cave vicino a Castellina Marittima, da cui si ricava una delle varietà più pure di questo minerale, resistente ma morbida e facile da lavorare. Che si tratti di Scaglione o di Agata, di Cenerino, Bardiglio o Pietra Gialla, il suo segreto è nel gioco della luce che crea spessori ambigui e affascinanti. L'alabastro si presenta in maniera eccezionale a interpretare la sensibilità e la vis formativa dei nostri tempi. Proprio per la sua 'ambiguità' : tra durezza lapidea e morbidezza cerea, tra trasparenza vitrea e opacità plumbea, l'alabastro consente all'artista di dar vita a degli oggetti, lampade contenitori, elementi decorativi, vere e proprie sculture, dove la suggestione dell'informale, del surreale, persino d'un kitsch reinterpretato, si manifestano. Quello che per molti anni era divenuto soltanto un modesto ripiego, atto a riprodurre sagome ormai desunte del passato; o peggio a realizzare oggetti, soprammobili, di gusto deteriore e a sola finalità 'turistica', può ridiventare la matrice di una nuova e inedita forma espressiva, del tutto in sintonia con l'attuale e il futuro, indirizzo estetico. L'origine della parola Alabastro non appare molto sicura. Nella lingua greca, come in quella latina, alabastro è sinonimo di vaso e resta da stabilire se è il materiale che ha dato denominazione all'oggetto o viceversa. Egizia ne è certamente la provenienza, come all'Egitto risalgono i vasi più antichi dei quali si abbia conoscenza, i vasi canopi. Pare, anzi, che vi esistesse una città chiamata Alabastron, celebre per la fabbricazione di vasetti ed anfore destinate a conservare i profumi: se questo è certo, non è da escludere che sia il nome della città che ha originato la denominazione del recipiente e del materiale.
Alabastrieri
Sulle strade del centro di Volterra si aprono le botteghe degli artigiani dell'alabastro: alabastrieri che espongono prodotti che sono piccole opere d'arte. Il suffisso aio, usato per formare nomi di mestiere come alabastraio, è in declino rispetto al suffisso iere. Artigiani un poco artisti e senza orari gli alabastrieri di un tempo lavoravano quando ne avevano voglia. Se cominciava la stagione della caccia o delle lumache, sparivano dalle botteghe. E alla mattina, come ricorda Franco Bruci il macellaio di Volterra, trovavano sempre il tempo di fare un salto in macelleria e mangiarsi pane e mallegato: il saporoso sanguinaccio che prende nomi diversi nelle diverse plaghe toscane. La lavorazione dell'alabastro nel territorio di Volterra affonda le radici nell'antichità, sviluppata con raffinata tecnica dagli artigiani etruschi; gli etruschi ed i romani raggiunsero una perfezione nella lavorazione di questa pietra che non ha avuto eguali nel corso dei secoli. Sono trascorsi più di due millenni da quando gli Etruschi davano vita alla lavorazione dei metalli delle colline metallifere, traevano il sale dai depositi di salgemma e squadravano i blocchi la pietra panchina; ma continuano a valorizzare l'alabastro che, pur non costituendo , come è stato in un recente passato, il settore trainante dell'economia di Volterra, è ancora l'elemento caratterizzante della sua cultura e della sua storia. Oggi gli artigiani di Volterra sono capaci di dare un'anima alla pietra, creando veri e propri ricami nelle morbide lastre di alabastro bianco. 'l'alabastro non solo ha significato ricchezza ma ha permesso alle menti di aprirsi ' sostiene Ghebo Vero Bessi in una conversazione raccolta da Giulia Cavallo che espone la situazione del dopoguerra quando ' le cose andavano bene, finchè ciascuno aveva i suoi modelli e la concorrenza era leale. Poi è arrivata la campagna: contadini che si sono improvvisati alabastrai senza alcuna preparazione nè cultura. Scimmiottavano gli oggetti visti alle fiere e li vendevano alla metà. CosÏ per il mondo cominciarono a circolare prodotti brutti a basso costo. Forse anche noi potevamo fare meglio: per esempio non accettare la concorrenza selvaggia e scegliere di portare avanti la qualità in un contesto limitato. L'alabastro è la mia vita,da piccolo ero sempre in laboratorio con gli operai : artigiani protetti e con un futuro garantito tanto che, quando un ragazzo si voleva sposare bastava dicesse : sto dal Bessi e sono in banda!
Viaggiatori
Secondo una relazione del Granducato di Toscana nel 1780 operavano in Volterra 8 botteghe artigiane che, nel 1830 erano salite a 60 dando inizio al fenomeno dei viaggiatori che portavano le loro produzioni di alabastro fino agli angoli più remoti alla ricerca dei più vantaggiosi sbocchi di vendita. Ebbe inizio il movimento di esportazione promosso dai ' viaggiatori ' volterrani che usavano accompagnare la loro merce per curarne lo smercio. Da principio si provarono le vendite sulle piazze italiane ed europee, ma i più animosi varcarono gli oceani raggiungendo terre poco note agli europei. L'industria degli alabastri fu conosciuta in tutto il mondo per l'ardimenti dei viaggiatori volterrani, basti pensare a Giuseppe Viti, il più avventuroso della schiera che, dopo aver venduto alabastri a New York, Baltimora e Boston, nel 1829 si recò nelle Indie Occidentali. Nel 1846 partÏ con molte casse colme di opere d'arte in alabastro alla volta di Bombay, di Calcutta e del Nepal dove ebbe il titolo di Emiro, prima di tornare in patria dopo aver accumulato una grande fortuna che investÏ per il miglioramento delle attività volterrane.
Partivano dall'erma e polverosa Volterra con un modesto carico d'alabastro e i più tornavano a casa come colombi viaggiatori con una pagliuzza d'oro in bocca: un'immagine fortunata di Arnaldo Dello Sbarba: giurista e redattore capo de 'Il Martello', battagliero organo di stampa dei socialisti volterrani. Volterra è uno di quei luoghi in cui storia e natura si esprimono senza mezzi termini per dar vita a una creazione del tutto originale. La città, antica in ogni suo dettaglio, circondata da mura duecentesche, domina arroccata in completa solitudine le Colline Metallifere
Un paesaggio affascinante ma tormentato, che solo più avanti si stempera in poggi coltivati a grano e girasoli, o lascia il posto a distese boschive la gloriosa Velathri, traspare ancora ovunque nella compatta veste medievale della città. La memoria storica della città etrusca è anche e soprattutto nel Museo Guarnacci ricco di migliaia di pezzi esposti: dai capolavori dell'arte etrusca come la Stele di Aule Tite, la Testa Lorenzini o la statuetta in bronzo che D'Annunzio ribattezzò 'Ombra della Sera': una figura di adolescente, poco più che un bambino, che si allunga esile, stilizzata con tratti di sorprendente modernità. Il materiale più usato per realizzare le circa seicento urne etrusche è l'alabastro: la pietra di luce che nobilita le più misere urne in tufo o in terracotta.
Le origini di Volterra sono tuttora avvolte nel mistero; esistono solo leggende, legate alla nascita ancora misteriosa del popolo degli Etruschi, o Tyrrenoi, come erano chiamati dai Greci. Una prima leggenda, che risale ai tempi di Augusto, afferma che Volterra sarebbe stata una fiorente città già prima della guerra di Troia, vale a dire nel XIII sec. a.C. Secondo questa leggenda i popoli della Lidia, costretti ad abbandonare le loro terre in Asia Minore, sarebbero sbarcati nell'Italia centrale. Il colle ove sorge Volterra, per la sua orografia che, collocandolo isolato tra due valli lo rende facilmente difendibile, sarebbe stato scelto per il loro insediamento dal re dei Lidi, che si chiamava Tyrrhenòs e dette il nome alla città ed al mare vicino. La zona era già abitata da una popolazione appartenente alla nazione Etrusca, che accolse di buon grado i nuovi arrivati e consentÏ loro un facile inserimento che accelerò lo sviluppo dei due popoli integrati. Una seconda leggenda colloca la nascita di Volterra in un passato ancora più remoto, affermando che la città sarebbe sorta per opera di Giano, parente del biblico Noè, se non addirittura per opera dello stesso Noè. E' interessante notare che Giano è stato un personaggio molto familiare della cultura etrusca, tanto che con la sua effigie furono coniate le più antiche monete della città. Al di là delle leggende, alcuni reperti rinvenuti nei dintorni della città ci consentono, di collocare la nascita di Volterra almeno intorno all'anno 1000 a.C. Accanto alla candida 'pietra di luce' abbonda anche la grigia 'panchina', della Piazza dei Priori: il cuore del centro storico: uno dei più mirabili scenari nello slancio verticale delle case-torri dei Buonparenti. Lo affianca il Palazzo Pretorio, sormontato dalla Torre del Podestà che viene detta popolarmente 'del Porcellino' , per via del piccolo cinghiale in pietra che orna il suo prospetto principale. Il Duomo, ampliato nel XIII secolo in forme gotiche su progetto di Nicola Pisano; è in assoluto la più bella chiesa di Volterra.
Quando osserviamo antichi monumenti o visitiamo palazzi o chiese si può constatare quanto l'alabastro possa abbellire, arricchire o arredare attraverso opere di ottimo gusto che tendono a scomparire dai progetti degli architetti che disegnano le città moderne. Con l'insegnamento delle mani esperte degli alabastrieri si producono ancora oggi statue ed oggetti in alabastro che possono avere un ruolo importante nell'arredamento e nell'illuminazione di ogni tipo di abitazione privata , di chiese e di palazzi purchè venga proposta nel modo giusto che valorizzi questa pietra che conserva il sapore delle cose senza tempo. Pietra di luce, errante nel mondo per far conoscere l'arenaria radicata sul colle in uno scenario che si evolve da tremila anni.