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LUIGI TREZZA (1752 - 1823) IN ANTICIPO DI DUECENTO CINQUANT'ANNI
31. July 2006 16:07
(last updated: 21. January 2010 16:35)
Pubblicato in ARCHITETTURA

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Da tempo ormai la disciplina del Restauro impone una continua ricerca nella storia e nella cultura di ogni territorio, in particolare in quei territori ricchi di materiale storico-documentario, ma anche di materie prime. Da alcuni anni poi gli studi intorno a quella che possiamo ormai chiamare la storia del restauro, sempre più avvicinano il documento al monumento, ovvero il documento per eccellenza, quello cartaceo, diventa supporto, e viceversa, del monumento architettonico, in una lettura comparata tra archeologia, storia, tecnologia, arte ecc.. La capacità dunque di poter e saper leggere il proprio passato attraverso ogni tipologia di documento si presenti a noi è fondamento delle nuove ricerche storiche, in un’attenzione particolare riguardo all’arte, all’architettura, alla tecnologia dei materiali ed alla loro lavorazione.

Il recupero infatti di mestieri, ormai scomparsi o modificati quali ad esempio quello dell’architetto lapicida o dell’architetto studioso del proprio territorio, è ormai un’esigenza in ogni campo; è una ricchezza da scoprire per ampliare anche la ricerca imprenditoriale ed industriale che ruota attorno al campo dell’edilizia e del restauro. Questo è il fondamento che ha guidato la ricerca nel territorio - che è il libro più antico del mondo, da leggere per il nostro futuro - dove la realizzazione delle opere pavimentali del Trezza vanno intese (a differenza di un’opinione errata) come elementi architettonici di grande valore specialmente quando vengono espressi con largo anticipo sui tempi. In questo caso ben duecentocinquant’anni..

Luigi Trezza Nasce nel 1752 da una non facoltosa famiglia, ma onorata che gli permette di studiare per esercitare la Professione di Ingegnere ed Architetto. I suoi primi e fondamentali maestri sono stati il matematico Andrea Villi e l’architetto Adriano Cristofali. Gli altri erano legati al Collegio Militare di Castelvecchio: Anton Maria Lorgna, Francesco Vembretti, Giambattista Bertoli, Girolamo Pompei e Girolamo Dal Pozzo. Proprio Girolamo Dal Pozzo tra il 1769 e il 1770 tramite un committente inglese richiede al giovane Trezza, oramai diventato dal 18 marzo 1771 un “accademico di pubblico ingegnere “, i rilievi delle fabbriche sammicheliane di Verona e dei più interessanti edifici cinquecenteschi di Mantova. Al ridisegno delle opere del maestro veronese Trezza affianca lo studio delle fabbriche di Giulio Romano (o presunte tali) e presterà la sua opera di rilevatore alla circolazione del verbo sammicheliano. Lavori che terminò nel 1796. 12 marzo 1795: parte per il viaggio in Italia: Roma, Napoli, Toscana, Romagna, Regno di Napoli (accompagnato in parte da Vincenzo Faccioli). Il viaggio è occasione per allacciare una rete di relazioni con i migliori architetti italiani. Dopo il 1797 arriva una serie di incarichi ufficiali. l’11 settembre 1801 é ingegnere municipale. Nel 1802 é incaricato dalla Commissione cansuaria di Verona, insieme a Gaetano Barbieri di dirigere e soprintendere a tutti i Collaboratori e Ingegneri nell’opera di censimento di Verona alla destra dell’Adige. Il 16 dicembre 1802 diviene Ingegnere Nazionale. Tre anni dopo, il 3 luglio 1805 un dispaccio del Ministro dell’Interno gli affida il compito di provvedere alle più urgenti riparazioni dell’Arena. Il 30 dicembre 1806 è nominato Ingegnere in Capo per la stima di tutti i Fondi e fabbricati demaniali esistenti nel dipartimento dell’Adige ed in Verona. Nel 1808, al termine del censimento alla sinistra dell’Adige. Viene insignito del titolo di socio onorario dell’Accademia di belle Arti di Venezia. Nel 1815 riceve l’incarico della Commissione censuaria per le rilevazioni e la stima , insieme agli ingegneri Gemma e Rensi di alcuni fondi delle pertinenze dei comuni di Caldiero, Cerea e Bussolengo. Il 16 novembre 1816 è eletto membro della Civica Commissione d’Ornato, come tale sovrintende, insieme al Giuliari, agli scavi dell’anfiteatro. Insieme ad altri Ingegneri é poi incaricato della stima dei danni causati dalle guerre nella provincia. Svolge inoltre il ruolo di commissario per l’esame degli aspiranti all’esercizio della professione di Ingegnere ed Architetto e nel 1820 il suo nome è nell’elenco degli ingegneri destinati a prestare servizio nei Corpi della Delegazione Regia Provinciale. Quando muore, la vigilia del Natale 1823: lascia i suoi strumenti d’architetto e d’ingegnere al più povero degli studenti impegnati nei suoi stessi studi, libri, disegni e manoscritti sono donati alla Biblioteca Civica di Verona. Spiega l’Architetto Daniela Cavallo “Ci si propone di suscitare interesse nei confronti di un grande architetto veronese del passato, ancor poco studiato e valutato. Quindi recuperare l’antica importanza dell’arte della lavorazione dei materiali lapidei nel nostro territorio associando il nuovo ruolo predominante dell’industria, facendola diventare parte promotrice di questa antica cultura.







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