Non solo: il sapere e la metodologia che si formano attraverso questi studi ci consentono di correggere i fattori identificativi di quei luoghi che non nascono fortunati come questi: luoghi molto complessi (tra questi le metropoli) che proprio per il fatto di non possedere una identità direttamente riconoscibile, si lasciano interpretare o leggere a posteriori con maggiori difficoltà. Lo studio degli elementi del linguaggio attraverso il quale ledilizia tradizionale si esprime in Livigno, da un lato ci ha consentito di fare proposte non solo circa la gestione dellidentità di quel luogo e, dallaltro, ci ha portato necessariamente alla formulazione di proposte finalizzate alla continuità e allo sviluppo delloccupazione locale nel settore edilizio. Risolto il problema di come mantenere, conservare e valorizzare il patrimonio consolidato, si porrà il problema di continuare ad operare per il futuro secondo regole ottimali, affinché il volto di Livigno continui a essere inconfondibilmente quello che è e che è stato. La cultura ufficiale del progetto ha spesso guardato alla questione del territorio in maniera accademica e astratta, pensandolo come insieme di forze e di attività, di flussi e di funzioni, ma dimenticando come alla sua base vi sia una struttura materiale, una trama di fatti concreti, resistenti e persistenti. Queste forme del paesaggio e della terra derivanti, innanzi tutto, dal lavoro, dalla fatica degli uomini, dalla loro lotta per la sopravvivenza. Per questo ogni territorio appare ai suoi abitanti come condizione fisica, come limite, ma anche come riferimento. Esso esprime una cultura e una soggettività: le sue forme sono divenute memoria collettiva e forme introiettate. Infatti, sotto le varie forme assunte nel tempo dalla casa, vive un costante riferimento comune alla cultura materiale originaria e a un archetipo di edificio idealmente rispondente agli usi pratici e simbolici cui lambiente domestico è destinato. Poiché la natura è un dato e non uno strumento, luomo deve soprattutto assecondarla: il lavoro dei campi non ha di mira il progresso, ma soltanto il mantenimento di condizioni stabili di equilibrio; luomo, più che modificare la natura, si propone di contenerne larbitrio; la siccità, il maltempo e questo controllo non si manifestano in una tecnica ma in pratiche simboliche: il ritmo delle stagioni, i tempi della semina e del raccolto. Ma limmobilismo della società montanara, linerzia opposta ai cambiamenti, hanno delle ragioni anche più intrinsecamente condizionate dal suo lavoro. Poiché la divisione del lavoro è molto limitata e non cè quasi specializzazione, viene a mancare quella varietà di esperienze senza le quali gli uomini «non hanno la possibilità di vedere le proprie azioni come alternative ad altre possibilità», sicché «invece di diventare autocoscienti essi ripetono semplicemente i modelli della tradizione perché questi sono i soli che essi possono immaginare» (C. Alexander, Note sulla sintesi della forma, 1967). Ne segue che la modalità del sapere e le forme del lavoro della società rurale condizionano anche la riproduzione degli oggetti e, in particolare, la costruzione della casa rurale, utensile adatto al lavoro agricolo messo a punto dallesperienza di chi opera, a significare linscindibile rapporto che essa intrattiene con le pratiche produttive, il suolo su cui insiste e, più in generale, il sistema socio-economico rurale. Nonostante quotidianamente si utilizzi il legno secondo moderne tecnologie, sono ancora numerose le potenzialità e le possibilità di applicazione da scoprire, mentre lenorme, insostituibile patrimonio costituito dai suoi impieghi tradizionali tende ad essere cancellato. Con la rivoluzione industriale prima e lavvento del petrolio poi, la stessa riconoscibilità del legno nella vita quotidiana diminuisce: da oltre ventanni si pone lurgenza di riconquistare lantica amicizia perduta con il legno e con le selve, che risale alle nostre stesse origini. La stessa storia della tecnologia del legno, forse più antica di quella della pietra, dimostra che la rapidità e la misura del suo sviluppo nelle diverse aree geografiche dovunque ci sia ricchezza di boschi - non è legata alla pura e semplice disponibilità naturale del materiale, bensì a complessi fattori umani. Oggi la cultura del progetto delinea unidea di architettura capace di creare una relazione stretta tra la vita, il materiale, lambiente: unarchitettura biologicamente più consona a tutte le potenzialità non esplorate della standardizzazione è in grado di corrispondere ad una molteplicità di soluzioni, rompendo con lomologazione e lappiattimento monotecnologico e monoculturale del territorio. Occorrerà reimparare ad ascoltare il materiale stesso ripercorrendo la sua storia. La disponibilità delle nostre selve, che già in passato furono meno estese e fitte di quelle dellEuropa centrale e settentrionale, è oggi assai scarsa, avendo subìto un depauperamento violento e prolungato. Così, nel nostro Paese, una moderna tradizione architettonica del legno è pressoché assente e questo materiale rievoca fondamentalmente larchetipo di casa: infatti, costruzioni in muratura e legno, o integralmente lignee, sono presenti quasi solo nelle valli del grande arco alpino (le baite livignasche, i masi tridentini, il raccard valdostano). La storia dellarchitettura, del resto, dedica pochissimo spazio e modesta considerazione alledilizia in legno; le tracce sono persino difficili da rinvenire anche in quei Paesi dove questa tecnologia ha raggiunto livelli particolarmente elevati, non solo nelledilizia minore o residenziale, ma anche nelle opere infrastrutturali. Non a caso, nellimmaginario collettivo lidea di costruzione storica si identifica spesso con materiali pesanti come il laterizio e soprattutto la pietra. E, del resto, in una condizione storica dove è in atto un forte ripensamento sulle condizioni dellabitare non solo come fatto estetico e funzionale, ma come riappropriazione di nuovi equilibri ambientali, ripensare alla casa in legno e, più in generale, alluso del legno in architettura e nelledilizia diventa occasione non solo culturale, ma di riappropriazione di condizioni progettuali e tecnologiche originarie. Nello studio condotto sul Livignasco, il territorio è inteso come costruzione complessa e antica, sedimentata nel tempo; non è possibile distinguere, al suo interno, natura e artificio, tanto essi sono connessi e interrelati. Così un sistema di edifici, di tracciati si identifica alla fine con la struttura stessa del territorio. Materia e forma si uniscono secondo immutabili leggi naturali. Materia e forma sono corpo e anima. Dobbiamo tornare alla concretezza e alla forza di questo rapporto. Ritengo che lo studio analitico debba continuare a costituire per il progetto il medium con il reale. Consapevoli della vastità del problema, si è voluto indagare soprattutto su una materia precisa, ma ci si è interrogati anche sul significato che la casa, il villaggio e il territorio hanno in seno allesperienza dellarchitettura. Larchitettura torna, dunque, a mostrarsi nello spessore della propria esistenza storica, nei suoi caratteri collettivi e permanenti, fuori delle mode e delle facili ricerche di novità. La particolare posizione geografica di Livigno (lorientamento della valle segue una disposizione Nord-Sud) che oggi rappresenta una delle sue fortune turistiche, ha condizionato notevolmente la sua storia. Linsediamento umano fu favorito dalla presenza di ricchi pascoli per il bestiame. Ancora oggi si intravede la particolare trama insediativa del paese: una lunga fila di case completamente in legno, a travi incastrate con stalle e fienili uniti allabitazione, forma un lunghissimo nastro. Questa singolare disposizione è dovuta al fatto che anticamente le baite (ora trasformate in normali abitazioni) si affacciavano direttamente sugli appezzamenti da coltivare. Attualmente la costruzione di altre arterie (specie nei pressi del nucleo storico), che corrono parallele alla prima, ha fatto sì che questo tipico allineamento sia divenuto meno evidente e il paesaggio abbia perso non poca della sua originaria attrattiva. Questa disposizione orizzontale del paese ha una sua profonda razionalità ed esprime lintelligente risposta del Livignasco alle sfide dellambiente naturale. Nellarchitettura livignasca esistono essenzialmente due tipi di strutture perimetrali: quella in pietra (con malta di calce) e quella in legno. Il legno, nella costruzione delle pareti, è stato lelemento più importante della cultura material-costruttiva livi-gnasca. Anche la pietra è stata, nellarchitettura livignasca dellultimo secolo, un materiale costruttivo importante. Più o meno disponibile ovunque, è stata utilizzata non solo per gli edifici (muri e fondazioni), ma anche per opere altrettanto importanti nel mondo contadino, quali i muri di sostegno e i muri di confine. Il materiale che veniva utilizzato era quello, naturalmente, di più facile reperibilità: graniti, serizzi, gneiss, calcare, destinati a formare stupende texture. La tecnica dei muri a secco, a Livigno, è stata molto poco utilizzata; gli unici rari esempi li troviamo per la realizzazione di terrazzamenti o muri di confine. La difficoltà a reperire il materiale legante ne ha fatto per lungo tempo la tecnica usuale per la costruzione degli edifici lontani dalle vie di comunicazione, come, per esempio, dei maggenghi e degli alpeggi di alta quota. Con caratteristiche del pietrame simili a quelle del muro a secco si trova la muratura in pietrame legata con malta di calce e sabbia. Il pietrame può, in questi casi, tuttavia mostrarsi con qualche irregolarità per la presenza di legante. Esistono esempi molto antichi anche di questa tecnica. Cambia naturalmente il grado di coesione delle pietre e quindi la stabilità del muro, che può raggiungere, per questo, altezze considerevoli. Gli edifici di abitazione più recenti sono tutti realizzati con questa tecnica. Nei pressi di molti centri abitati esistevano le fornaci dove, una volta recuperata la pietra calcare, veniva preparate la calce, elemento indispensabile per la preparazione della malta. Nei muri più recenti la malta di calce diventa molto abbondante e tende a rivestire completamente ampie porzioni del muro. A Livigno non è mai stato fatto uso della pietra squadrata, o da taglio, ma si sono sempre utilizzate le pietre e il ciottolame grezzi. Tali pietre non regolari dovevano essere riempite nei loro interstizi con malta di calce, dando origine a sigillature, a filo delle pietre o rientranti, che favoriscono o meno il chiaroscuro dei muri. Quando il rivestimento in malta di calce diventa predominante e sono visibili solo pietre isolate, si può parlare di tecnica di muratura a raso pietra che si trova in numerosi esempi piuttosto recenti. Soltanto nellOttocento si sviluppò la tendenza ad intonacare completamente gli edifici, quasi fosse segno di una maggiore finitura ed eleganza delle facciate. Sullintonaco era inoltre possibile eseguire decorazioni, affreschi, scritte. Anche lintonaco non è sempre di grana o colore uniforme; il colore varia dal grigiastro al giallognolo, a seconda della malta, in genere argillosa, con cui è assemblato, e della sabbia localmente disponibile. Tutto ciò succede anche per le murature a vista o raso pietra. Nardina Leveni (Seregno, Milano, 1966) si è laureata in Architettura presso il Politecnico di Milano. È attiva oggi nel campo della progettazione architettonica e dellinterior design: le sue realizzazioni affrontano spesso dei contesti dalle connotazioni ambientali assai sofisticate. Oltre a firmare saggi e articoli per pubblicazioni scientifiche e riviste, è autrice di numerosi progetti grafici e di comunicazione relativi ad altrettante opere. Tra il 91 e il 94 ha collaborato con il corso di Progettazione Ambientale tenuto da Alessandro Ubertazzi presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano.