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SULLA RAPPRESENTAZIONE E PROGETTAZIONE DEL RESTAURO
31. July 2006 15:56
(last updated: 11. February 2010 13:04)
Pubblicato in ARCHITETTURA

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Con l’avvento di nuove tecnologie a base informatica, il percorso progettuale in campo restaurativo, dovrebbe compiere al pari un mutamento di impostazione. Tecnologie innovative, non necessariamente prodotte per il proprio campo d’applicazione permettono difatti, non solo l’accesso facilitato al magma informativo, ma promettono, ottenendo come si evincerà di seguito, un approccio facilitato d’apprendimento e conoscenza in materia di architettura monumentale, restauro e soprattutto pre-visione delle qualità critiche di progetto di restauro. Prove su Floirac House ed il Bauhaus

a cura dell’architetto Vincenzo Russi
Prove su Floirac House ed il Bauhaus
Con l’avvento di nuove tecnologie a base informatica, il percorso progettuale in campo restaurativo, dovrebbe compiere al pari un mutamento di impostazione. Tecnologie innovative, non necessariamente prodotte per il proprio campo d’applicazione permettono difatti, non solo l’accesso facilitato al magma informativo, ma promettono, ottenendo come si evincerà di seguito, un approccio facilitato d’apprendimento e conoscenza in materia di architettura monumentale, restauro e soprattutto pre-visione delle qualità critiche di progetto di restauro. La restituzione grafica di un qualsiasi oggetto architettonico, ha seguito sino ad oggi la logica fondata sulla base dei rilievi metrici, in scala più o meno soddisfacente per i caratteri di particolarità, quale ovvia base procedurale per la relativa trasposizione in forma cartacea dell’oggetto stesso. Alla rappresentazione dell’oggetto, al fine di ottenere quantomeno un arricchimento informativo, si è ricorsi ad elementi simbolici, significanti (specificati attraverso un apparato di equivalenza) i vari elementi di rilievo-intervento (fratture, crolli, piante ruderali, etc.), restituiti con tecniche ottocentesche (il puntinato), ottenendo così con l’addensamento più o meno virtuoso degli elementi unitari, gradazioni di grigi tali da rendere quanto più reale il carattere dell’architettura stessa. In realtà essendo nota l’esigenza di una iconografia oggettiva, persino i tentativi più abili di rappresentazione, solo apparentemente hanno prodotto un sostanziale adeguamento della grafica all’oggetto, dacché quando la graficizzazione con tecniche tradizionali sia intrapresa (puntinato, acquerellato, simbologie, etc.), queste normalmente dirottino verso una soggettività a carattere pittorico. Allo strumento o tecniche di rappresentazione ciò che si richiede è dunque una reale capacità di assunzione in sé dell’oggetto al quale si rivolge il progetto di restauro, come tecnica conoscitiva, di analisi, non di interpretazione soggettiva del reale. Un approccio conoscitivo dell’intima struttura dell’oggetto in questione quindi, attraverso un sistema di rilievo-restituzione che sappia distinguere, fra l’altro, l’indirizzo del prodotto grafico; insito in ciò il riferimento agli elaborati grafici a stretto uso di chi si occupa di “architettura” da quelli destinati a chi si occupa di “storia o critica dell’architettura”. Difatti, sia l’uno che l’altro professionista si affidano ad un unico materiale di studio: restituzioni metriche che mettono in rilievo le sole caratteristiche principali da cui le sole regole di rapporti fra pieni e vuoti, interno ed esterno è possibile leggere, visto che la conseguente rappresentazione risulta una scarsa e riduttiva simulazione della realtà condotta sul “fil di ferro”. D’altronde risulta questa una pratica ormai consolidata a tutti i livelli istituzionali, dagli ambiti tecnici dei vari Ministeri, alla didattica di corsi universitari, dagli studi tecnici di architettura (cosa avrà mai di tecnico il laboratorio di un architetto), ai corsi di specializzazione di restauro. In ciò ci si contrappone come chiaramente si evince, alla maggioranza di quelle basse e distruttive occasioni di restauro, di conservazione, etc. realizzate da idioti tecnici comunali, da tronfi ingegneri, da quei geometri di paese che amano farsi chiamare architetti restauratori, da quei “competenti” dei Ministeri di qualsiasi bene si tratti, che in realtà non fanno altro che attuare le loro “opere d’arte” sulla base della graficizzazione del progetto da loro eseguita, e sappiamo benissimo su quale base culturale si fondi la loro capacità: in genere l’istituto delle raccomandazioni e delle bustarelle. Forti sembreranno queste affermazioni, ma d’altronde basta girarsi intorno per osservarne gli effetti già prodotti. Rappresentare in modo che risulti chiaro e senza ombra di dubbio il carattere proprio dell’oggetto, restituire graficamente in modo oggettivo sia l’architettura analizzata che l’intervento su di esso da realizzarsi, sarebbe auspicabile che la stessa restituzione ci dia la possibilità di perfezionarne l’intervento prima della sua attuazione, prevedendone gli effetti, le possibili soluzioni, “provarne” prima gli esiti sulla restituzione dell’oggetto stesso. Queste le richieste rivolte ad un nuovo sistema di rappresentazione che sia nel contempo di studio, di analisi, di progettazione, di certezza critica. Gli strumenti a nostra disposizione di cui sopra, o almeno quelli largamente usati ed insegnati, sono caratterizzati da una unilaterale e riduttiva visione dell’oggetto (riferendomi a questo termine ad architetture, monumenti, siti archeologici, etc.) in senso statico, osservabile semplicemente dispiegandone le sue superfici su di un unico piano (logica cubista ancora oggi diffusa). Come possiamo minimamente pensare di intervenire (rilievo, restituzione critica, restauro) su un oggetto costituito da 4 dimensioni, riducendolo e su di esso intervenendo partendo dalla bidimensione? Specifico che le quattro dimensioni non sono riferite alla logica di assunzione dell’architettura zeviana, ma è da intendere come attraversamento dell’oggetto oltre il tempo necessario per la sua fruizione, quindi in senso temporale. Il dinamismo è cambiamento nel tempo e senza cambiamento non c’è tempo, in particolare ciò che il tempo oggi ci consiglia è di rivedere, nel campo a noi precipuo, il sistema statico di analisi-progettazione (di-segno restitutivo) , sostituendolo con un sistema dinamico. L’informazione, intesa come sistema di “modellizzazione secondario” per dirla con De Saussure, non resterà ancora per molto invisibile, come le nostre esperienze dimostrano ampiamente, convogliata in cablaggi o all’interno di schermi; alla “leggerezza” dei byte si sostituirà la “pesantezza” della fisicità, della materialità prodotta da impalpabili impulsi elettrici. Otterremo cosìambienti ibridi costituiti da un mix di fisico e informativo, penso non a caso alle fantastiche visioni in 451 Farenheit di Ray Bradbury. Con il termine di Architettura Dinamica indico quel processo progettuale che risulta, a mio avviso, condizione attuale ed unico sostitutivo del vecchio processo statico; non è estranea difatti la realtà delle cose, in cui si nota con grande rilievo dei risultati, l’uso dell’informatica all’interno del processo progettuale riferito però al campo della cinematografia, riferendomi ai vari Bug’s Life, Giurassic Park, Il Gladiatore, e via di seguito. Ma con grande fascino però si scopre che questi programmi realizzati per le industrie di animazione, possono essere adattati con sorprendenti risultati ad altri campi, come ad esempio in architettura, inviluppando i classici sistemi CAAD in quelli CAM. Continuità digitale, questo il processo analitico-progettuale da impiegare in luogo dell’iconico-geometrico ancora in uso, un processo che racchiude in se la quarta dimensione quale metodo di rappresentazione e ci guida sino alla produzione finale, passando attraverso la discussione critica del prodotto versata sulla visualizzazione virtuale dei prototipi, racchiudendo in se aspetti di rappresentazione destinati ora allo “storico dell’architettura”, ora al “progettista –restauratore”, etc. Il software di simulazione impiegato, che traduce il processo in oggetto virtuale esclude così il desiderio di forma, l’arbitrarietà di intervento, la virtuosa interpretazione, ed il progetto non diviene per questo caustica informazione, ma oggettiva ostentazione della logica e dello scientificità, in cui più che comodità di visualizzazione, la virtualizzazione animata diviene, come si intuisce, strumento di concezione e conoscenza. La mutazione dovuta alle nuove tecnologie si spinge sino a provocare un vero e proprio punto di rottura fra vecchio e nuovo d’ambito. Una frattura che si ripercuote ovviamente sulla società e sul “bustarellaro” sistema politico. Nessuna negoziazione è da porre in atto, nessuno scambio con la nota magra eredità progettuale, ma una accettazione del nuovo certi di sostanziali sviluppi a fronte solo di una relegazione del vecchio alla storia. Perché dunque il professionista, lo storico, l’utente non specializzato dovrebbero rivolgersi alle nuove tecnologie? Procederò senza ordine di temi, ma non per questo superficialmente. Le nuove tecnologie mettono a disposizione una notevole capacità informativa e didattica innanzitutto, ma fin qui nulla di nuovo, dacché anche un buon libro (oggi rarissimi) assolve alla medesima funzione, ma ciò che risulta straordinario è che permette un lavoro di analisi incrociata su una infinità di documenti ad oggi impensabile con il vecchio sistema “apri-sfoglia-leggi”, si pensi alla consultazione dati (disegni originali, pergamene, testi, etc.). Inoltre offrono una elevata leggibilità quasi assoluta degli spazi, dei volumi, dei colori, degli affreschi, modanature e quant’altro possa costituire un oggetto architettonico sia nella realtà attuale (restituzione, analisi spaziale) che quella storica (ricostruzioni, progetti non realizzati), permettono di visitare luoghi inaccessibili, di consultare opere da noi distanti, una facilità di catalogazione e di conseguenza la approfondita conoscenza e diffusione dell’oggetto. Gli strumenti che permettono queste ed altre operazioni possono essere divisi in gruppi: tecnologie che permettono il rilievo come gli scanner laser, software di raddrizzamento, di catalogazione ed archiviazione (filmati, disegni, foto, modelli 3D, etc.), consultazione (web based system, 3D databases). Tecnologie che permettono restituzioni ed analisi spaziali 2D e 3D, attraverso tecnologie come VRML, Open GL, Quick Time, software d’animazione, etc. oramai uscite dalla stretta cerchia applicativa dei videogiochi, della cinematografia. La grafica restitutiva tridimensionale è uno strumento di eccezionale portata visuale, di restituzione di rilievi, simulazione, percezione spaziale. Ricordo l’esperienza fatta con i miei collaboratori, gli ottimi Milo Marrancone ed Emilio Di Donato, quando ricostruimmo il sito storico di Faraone (Teramo), ci spingemmo con ostinata “perversione” sino a cercare di comprenderne il contesto urbano, l’inserimento dell’oggetto all’interno di una situazione originaria, il rapporto fra disegno e oggetto, il tutto reso perfettamente comprensibile con la visualizzazione in “real time”. Un’esperienza di straordinaria portata analitico-conoscitiva che ci indusse a determinarne persino cause ed effetti di probabili danneggiamenti ad apparati murari, coperture, strutture orizzontali, ecc. di modo da prevenirne eventuali malaccorti restauri. Termine ultimo fu la ricostruzione secondo il “com’era”, una sorta di ricucitura temporale dell’oggi allo ieri in termini di fattibilità tecnica e di studio, approdando poi alla soluzione dell’ausilio di tecniche pre-moderne. A questa prima parte del testo alleghiamo dunque le operazioni di ricostruzione di due grandi architetture che ci hanno suggerito il programma di lavoro: Floirac House di R. Koolhass realizzato da Emilio Di Donato e la sede del Bauhaus di W. Gropius realizzato da Milo Marrancone. Resta beninteso che questa sorta di “visite virtuali” non suggeriscono una sostituzione di una “visita del reale”, in cui si intuisce l’intelligenza e fatica mossa nella composizione di pietre e mattoni, ma senz’altro arricchiscono la nostra capacità d’osservazione, di studio, e nel caso si tratti di ricostruzioni o simulazioni di restauri (stilistici, romantici, etc. questo lo lasciamo decidere ai teorici del restauro), ci aiutano a capire quali fossero le possibili soluzioni pensate dagli autori. Una stretta complementarietà deriva anche sul piano della formazione. Difatti non vedremmo più presentarci al comune di Roccacannuccia, un progetto di restauro della chiesetta duecentesca rappresentata dalle quattro linee del prospetto, ma una più complessa e verosimilmente reale situazione d’intervento. Non solo. Anche la formazione universitaria in Italia dovrebbe acquisire in tempi auspicabilmente brevi (sic!) un grado di aggiornamento, per lo stato in cui versa, incredibilmente alto per equipararsi in termini di efficacia ed efficienza alle nuove richieste in campo lavorativo, professionale, dato che in Italia ci sarebbe molto e meglio da fare. Concludendo, ho voluto qui responsabilizzare, nell’ambito di questa presentazione di uno studio specializzato, il trArc + (http://web.tiscali.it/trarc), che si occupa di restituzioni grafiche reali in campo del Restauro, ed ipotesi di Restauro (con collaborazioni in ambito europeo), all’interno di questo seminario sul “Restauro e conservazione dei Monumenti: materiali lapidei e pietre ornamentali” in via generale, sulle necessità formative, di studio, di rappresentazione dell’architettura, del progetto di restauro, della restituzione, il pubblico e le dormienti autorità “competenti” in merito a nuove prospettive tecnologiche dimostrate purtroppo in altri campi, risultando tutto sommato un aggiornamento vantaggioso per molti aspetti, di ampia e penso chiara rivalutazione sia delle capacità dei nostri restauratori, delle nostre università agli occhi di un più vasto pubblico di “addetti ai lavori” e non, ma soprattutto nei confronti di una storia ancora in atto che cerca a fatica, fra le strettoie della burocrazia e della bieca istituzione della raccomandazione, una giusta collocazione temporale espressa dalle sue pietre, ombre, colori e genti. Vincenzo Russi: architetto e critico. Fonda nel 1999 e dirige gli studi ZA 250 ArchiTech <a href="mailto:Workgr@up"><u>Workgr@up</u></a> ed il trArc +, entrambi visibili sul sito <a href="http://www.web.tiscali.it/trarc" target="_blank"><u>www.web.tiscali.it/trarc+</u></a>. Pubblicista su numerose riviste di architettura specilizzate nel settore del restauro e dell’uso dei litici in architettura come Arkos, Business Stone ed altre, mentre nel ’99 esordisce col testo “Amori e Città”. I progetti con cui vince concorsi di architettura a Verona, Padova, New York, ecc. vengono pubblicati su quotidiano e cataloghi di architettura. Si occupa principalmente di Informatica per il Restauro dei Monumenti espressa attraverso lavori eseguiti ed in corso, soprattutto con istituzioni europee.







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