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PER LE CHIESE - ADEGUAMENTI RESTAURI NUOVE EDIFICAZIONI
31. July 2006 13:11
(last updated: 15. February 2010 18:48)
Pubblicato in ARCHITETTURA

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La Nota della Conferenza Episcopale Italiana del 31 maggio 1996 sull’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica della Commissione episcopale per la liturgia della Conferenza Episcopale Italiana é un documento che promuove il compimento delle indicazioni emerse attorno al Concilio Vaticano II sullo spazio liturgico. Molti sono stati i pronunciamenti della Conferenza Episcopale Italiana sull’argomento ed interessano gli architetti, i parroci, gli artisti e si spera ... i marmisti)

La Nota della Conferenza Episcopale Italiana del 31 maggio 1996 sull’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica della Commissione episcopale per la liturgia della Conferenza Episcopale Italiana é un documento che promuove il compimento delle indicazioni emerse attorno al Concilio Vaticano II sullo spazio liturgico.
Molti sono stati i pronunciamenti della Conferenza Episcopale Italiana sull’argomento ed interessano gli architetti, i parroci, gli artisti e si spera ... i marmisti)
E’ frutto di 40 anni di studi, occupa 5 volumi e prende in considerazione l’intera gamma dei temi nei quali si articola la pastorale della Chiesa in Italia. Vi sono due documenti dedicati specificamente all’arte sacra e ai beni culturali: gli Orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana I beni culturali della Chiesa in Italia del 9 dicembre 1992 e la Nota pastorale della Commissione episcopale per la liturgia La progettazione di nuove chiese del 18 febbraio 1993. Tutto ciò corrisponde a una graduale presa di coscienza della specificità del problema dell’arte, della conservazione e tutela, della progettazione di nuove chiese e l’adeguamento delle chiese secondo la riforma e una specifica disciplina da rispettare interessando tutti gli spazi, aula, presbiterio, altare, ambone, coro, organo, cappelle, arredi; sacrestia, deposito, sagrato, piazza, canonica. Non solo per le Chiese parrocchiale ma anche per le cappelle in ogni altro sito.
Dalla complessa opera estraiamo a caso dalla Normativa Canonica il Codice Canonico n° 1235 sull’altare
an. 1235 - 1. L’altare, ossia la mensa sulla quale si celebra il Sacrificio eucaristico, si dice fisso se è costruito in modo che sia unito al pavimento e che perciò non possa essere rimosso; si dice mobile, invece, se può essere trasportato.
§ 2. E’ opportuno che in ogni chiesa vi sia l’altare fisso; invece negli altri luoghi destinati alle celebrazioni sacre, I’altare può essere fisso o mobile.
Can. 1236 - 1. Secondo l’uso tradizionale della Chiesa, la mensa dell’altare fisso sia di pietra e per di più di una pietra naturale intera; tuttavia, a giudizio della Conferenza Episcopale, si può usare un’altra materia decorosa e solida. Gli stipiti o base, invero, possono essere fatti di qualsiasi materia.
....omissis.
Risulta chiaro che il dialogo tra Chiesa e cultura trova nell’intreccio liturgia-arti un campo nel quale può e deve manifestarsi con grande libetà.
Sempre nella Nota si legge che i professionisti, gli artigiani e gli artisti e le Commissioni diocesiane per l’arte sacra sono invitati a procedere rapidamente nell’adeguamento.


ECCLESIA:
Roma, una Chiesa per il 2000

Premessa.
Roma, una grande metropoli, ricca di tesori, tanti da far assurgere la stessa a valore di città eterna, ha dovuto, in special modo negli ultimi anni, fare i conti con una massiva urbanizzazione che spesse volte è risultata incontrollata e deleteria per il tessuto urbano stesso. Per conseguenza, dipendentemente al tema che ci accingiamo a trattare, la minore importanza data alle infrastrutture, ai servizi pubblici, ha ancor più contribuito alla frammentazione della periferia. Occasione di riscatto culturale, religioso ed artistico, è data dal Giubileo, meta, giungendo alla quale, si è voluto concentrare notevoli sforzi, al fine di stimolare nuove iniziative, nella ferma convinzione che sia nel bello dell’arte a risiedere la formazione culturale e l’esaltazione dello spirito
1 - La chiesa per il 2000.
Al riscatto qualitativo però non si è giunti in modo diretto e conseguenziale. Difatti dopo una attenta analisi condotta sulla periferia romana, si è stabilito in numero di 50 chiese, la possibile crociata di educazione religiosa da attuare in quelle zone lasciate sino ad ora nel totale oblio. Un concorso indetto nel ‘93, ha raccolto, per le aree di Dragoncello e Tor Tre Teste, 534 progetti definiti dalla giuria, presupposta competente, non all’altezza della loro selezione per la scelta del progetto da realizzarsi nella seconda area, tranne il modesto elaborato di Bruno Bozzini.
Un esperimento tutto sommato ben riuscito, se si considera il numero dei partecipanti ed il tema preposto, ciò difatti, dimostra che ancor viva è l’attenzione dei professionisti verso occasioni di confronto e di impegno quale può rappresentarlo un concorso.
Tuttavia, se da un lato si è notato il notevole afflusso, dall’altro si è dovuto fronteggiare la più completa incompetenza di una giuria, che non ha saputo valutare culturalmente l’intera manifestazione e tantomeno le qualità architettoniche espresse dai progetti. Per questo motivo si è deciso, con rinnovato spirito e nuova giuria, di ritentare l’esperimento limitando questa volta la partecipazione a soli sei architetti. Un concorso ad inviti, dunque, la cui selezione dei partecipanti è avvenuta in base alla valutazione di quelle qualità artistiche che dalle loro profane opere sarebbero emerse. Professionisti di chiara fama che avrebbero saputo convincere una giuria, e non solo, ma l’intero mondo ecclesiastico, sulla capacità di poter realizzare oltre che una grande architettura, una meta di pellegrinaggio a testimonianza della presenza della Chiesa romana - in una realtà in cui la riproposizione di incarichi professionali garantiti da cosche politiche o accademiche gestiti dalle solite figure - al di sopra di ogni vile intento.
Notevole è apparso l’impegno dei progettisti invitati: Tadao Ando, Santiago Calatrava , Frank O. Ghery, Peter Eisenman, Richard Meier e Günter Behnisch per la quale insufficienza degli elaborati non è data presentazione, ogniuno presenziando con un seppur riconoscibile linguaggio artistico, certo non privo di innovazioni e suggestioni dal cui tema sono state attinte.
Come già noto, il progetto vincitore è risultato quello meieriano, ma proviamo ora a capirne le ragioni di tale decisione.

2 - Richard Meier:
il Progetto. Una struttura sacra ha la precisa funzione di accogliere in preghiera il fedele, il riunire coloro che sono stati “chiamati”, gli eletti. Al di là del significato simbologico quindi la chiesa è dovuta ad esprimere questa capacità, quella di aggregazione quale strumento che da vita alla Comunità, motivo per cui essendo la casa di Dio un luogo importante, generatore di fede, dovrà stagliarsi sull’urbano circostante, alteggiare, costruire uno spazio che recinga e salvifichi, figurativamente, una sorta di arca della Salvezza. Inoltre, il suo, sarà uno spazio casto, silenzioso, trasfigurato al limite della coscienza terrena, denso di muta sacralità che lascia udire una sola voce, quella della Parola.
Ebbene ciò che Meier presenta è una straordinaria interpretazione dello spazio sacro, ovvero una chiesa che sia celebrazione del significato della liturgia, non attraverso l’espressione “d’arte sacra” bensì dell’essere “arte per la liturgia”. Si tratta di una architettura costituita da spazialità inedite, altamente evocative, mai tendenti all’autocelebrazione ma alla cosciente rappresentazione della funzione ecclesiologica. Interessanti appaiono, in quest’ottica, le scelte compositive che al progetto fanno capo, a partire dalla luce. In altra sede Meier affermò: “Lavoro con le superfici e i volumi, con la manipolazione delle forme sotto la luce...”, è appunto questo il processo costruttivo attuato, semplici volumi intesi nell’accezione più vicina alle forme pure, che sotto la luce si modellano, si frammentano assottigliandosi sino a divenire semplici vele, una splendida immagine di leggerezza calviniana che sembra simboleggi le vele di quell’arca in navigazione spinta dall’alito del vento, un segnale dato dalla Chiesa nel sottolineare la ancor viva opera missionaria di evangelizzazione. Un impegno supremo, condotto affidandosi agli strumenti poetici e sublimi che solo l’arte ha potuto donare all’uomo.
La luce quindi è la materia progettuale fondamentale nell’opera, non quella artificiale, ma naturale, spirituale che inonda di se la realtà concreta e la rende alta e pura, una luce che investendo le pareti traslucide, le attraversa a crearne una cavità eterea, a spiritualizzarne le ombre e gli oggetti. La compostezza delle superfici che biancheggiano sulla città ci fanno pensare ad una Chrisminster, una moderna cattedrale alla cui legittimazione ancora una volta l’uomo è stato chiamato.
Ma oltre all’immagine più o meno affascinante che è possibile riceverne è altresì indispensabile un approccio tecnico all’opera, affinché essa possa donarci lezione.“Il mio rigore è una ricerca di chiarezza che per me ha origine nella pianta ..
..la pianta è la chiave di tutto, che contiene nella sua bidimensionalità le istruzioni dell’oggetto tridimensionali”. Orbene, osservando la pianta risultano chiaramente leggibili gli assunti, a destra una sezione compatta, una giustapposizione di volumi afferenti lo stare, l’incontrarsi, attività parrocchiali dunque, risolte nella regolare successione di ambienti connessi da percorsi, i quali a loro volta, vengono trattati con minore pesantezza, meno costruiti. Con estrema coerenza, la pianta ci informa sullo sviluppo dei piani superiori, che facilmente intuibile, risultano in completa corrispondenza con l’impianto base. A sinistra invece il volume della chiesa che si sfoglia, esplode traslando verso l’esterno, e questo è il fotogramma che ne ritrae la deflagrazione generante un unica navata, mentre una navata minore è ricomposta ed annessa al corpo principale mediante fenditure e tagli praticati alla base delle stesse vele. In sintonia con i tracciati planimetrici è possibile presupporre, come difatti accade, lo slittamento delle vele anche in alzato , percettibili interamente, dacché, gli spazi interstiziali vengono oggettivati mediante pannellature in vetro.
Nessuna struttura è dichiarata, poiché le stesse velature, gli stessi corpi costruttivi hanno una duplice funzione: conformativa rispetto agli interni e strutturale per l’intero impianto. Nell’apparente semplicità compositiva, tuttavia si nasconde un profondo ed attento studio tipologico e programmatico attuato mediante il riconoscibile ed usuale metodo che in tutte le realizzazioni ha accompagnato l’estro meieriano. Ci riferiamo agli schemi inerenti al Programma, in cui vengono analizzate le funzioni da cui dipendono le soluzioni offerte dal progetto, il Luogo, diagramma di relazioni morfologiche tra manufatto e sito, l’Accesso, il Sistema di Circolazione, analisi delle co-relazioni con il contesto a diffuso raggio, la Struttura, evidenziazione della parte costruita, dell’ossatura, e l’Involucro rappresentato dal sistema di muri presenti in rapporto allo schema strutturale.

Questi gli estremi che offrono la possibilità esegetica, di lettura non solo dell’architettura di Meier, bensì di ogni architettura, un approccio tematico dal quale è possibile trarre qualsiasi nozione sulla composizione dell’ oggetto.

3 - Conclusioni. Le relazioni, il diagrammatico accesso alla realtà architettonica, le soluzioni tecniche, ci fanno capire quale complessità si nasconda sotto tale semplicità ed equilibrio d’immagine, quanta attenzione ai valori fondativi di uno spazio che alla particolare funzione debba essere dedicato. Complessità, tuttavia, affrontata con estrema competenza, propria di chi della sua professione ne fa motivo d’esistenza, di impegno culturale per se e per l’intera Cultura architettonica. Un impegno volto a concretizzare con partecipazione emotiva un’idea, a rendere possibili e fruibili quegli spazi che solo un attimo prima erano pensiero ed intuizione, un intelligenza che con atto creativo, rivolgendosi alla religiosità, naviga leggera su di un veliero, verso le porte di un nuovo millennio.







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