Il progetto della nuova sede e' di Yvonne Farrell e Shelley McNamara dello studio Grafton Architects che prende il nome da una delle strade simbolo di Dublino. Il concorso internazionale a cui hanno partecipato numerosi professionisti italiani e stranieri e' stato aggiudicato per 'la particolare attenzione posta alla relazione con il contesto urbano e per le avanzate innovazioni tecnologiche proposte' dalla commissione giudicante, anch´essa internazionale - fra cui lo storico dellarchitettura P.Frampton, e gli architetti H. Ciriani e Angelo Mangiarotti- che ha esaminato vari profili: funzionalità, gestione, estetica, costi.
Architettonicamente è una manifestazione di innovazioni strutturali caratterizzate dall' assenza di colonne portanti in cemento armato che sono sostituite da tiranti che distribuiscono i pesi verso l'alto.
La logica progettuale si basa su una netta distinzione tra esterno e interno le facciate più leggere, quelle in vetro, sono invisibili dalla strada, mentre l aspetto esterno, interamente rivestito in ceppo di Gre' e senza aperture ha l' antico e misterioso aspetto del monolite.
La nuova sede della Bocconi sembra dare le spalle alla città. Volutamente. Non si tratta infatti di un'interpretazione, ma di una precisa dichiarazione progettuale, nata dall'esigenza di adattare il nuovo edificio al tessuto urbano esistente, ai suoi limiti e ai suoi difetti. Come per esempio i complessi residenziali che sorgono lungo viale Bligny e via Roentgen e che hanno assillato i progettisti, costringendo le loro scelte. Se le vetrate fossero state aperte sulla strada universitari e cittadini si sarebbero disturbati a vicenda diversamente dalle culture nordiche dove si cerca il piu' possibile di aprire le costruzioni verso l'esterno. La vita universitaria e la vita dei residenti si sarebbero involontariamente intrecciate. Meglio quindi girarsi dall'altra parte. Da qui l'assenza di aperture sul lato esterno. L' ispirazione deriva dalla tradizione milanese ottocentesca, nella quale gli esterni degli edifici erano sobri e austeri. La ricchezza si vedeva dentro i palazzi, dove c´erano luce, verde e serenità».
I rivestimenti in pietra naturale provenienti dalle cave Marini Marmi sul Lago dIseo sono in ceppo di Gré, estratto fin da tempi piu' antichi e' una pietra dal caratteristico colore grigio e una delle pietre storiche di Milano. Il ceppo vanta un impiego almeno bimillenario negli edifici di Milano. Rodolico scrive che la pietra in parola fu la piu' impiegata in eta' romana, accanto ad altre della collina dell'alta pianura lombarda. In eta' comunale esso risulta impiegato nelle murature e nei pilastri di Sant' Ambrogio, San Simpliciano e in Sant'Eustorgio, ma con molta probabilita' si tratta di materiali di spoglio impiegati nei nuovi edifici, come accadeva dovunque. Tuttavia l'autore appena citato ritiene che gia' allora fosse aperta qualche cava di ceppo lungo le rive dei fiumi vicini a Milano, dove i materiali estratti erano condotti su zattere; ma e' solo nel XIV-XV secolo che si trovano ampie testimonianze di cave e di trasporti di blocchi di ceppo. Non solo le difficolta' di cavare le pietre e di trasportarle a Milano per via d'acqua o di terra, ma anche la moda ebbe grande importanza nel determinare l'impiego maggiore o minore del ceppo. Assistiamo cosi' a periodi di vasto impiego seguiti da altri in cui il ceppo e i materiali litici furono messi un po' in disparte per seguire la moda del momento. Durante il dominio spagnolo il ceppo torno' a primeggiare sugli altri materiali. La ripresa fu propiziata dalla possibilita' di trasportarlo fin dentro la citta' per mezzo del Naviglio della Martesana, ma fu determinata dall'impiego che ne fecero gli architetti piu' in voga del tempo. Nei secoli successivi il ceppo fu meno impiegato o almeno in misura meno vistosa. Restando sempre a Milano, il suo impiego divenne costante nel cimitero monumentale e fu incrementato nel Novecento nei rivestimenti delle facciate di numerosi edifici. Accanto al ceppo cavato dalle rive dei fiumi, ai primi di questo secolo cominciava ad apparire quello del Lago di Iseo, che veniva impiegato nelle province vicine.
Una scelta non casuale quindi che Shelly McNamara ieri ha spiegato così: «Abbiamo voluto ununiversità che dialogasse con la città anche nella sua veste esteriore».
In particolare la pietra naturale trova il vertice della sua valorizzazione Il centro del complesso e come rivestimento interno, laula magna, definita dalle progettiste «una grande pietra incastonata», e' stata interamente rivestita di ceppo di gre' utilizzando un sistema di pareti ventilate studiato appositamente per lo scopo dalla RVP System di Bergamo.