a cura di Vincenzo Russi (Laboratorio Progetto Cultura)
Per chi si interessa di arte e del riconoscimento di una produzione come opera darte, non può prescindere dallo studio dellestetica. Difatti compito precipuo di questo campo è la determinazione di elementi di valutazione che siano comuni alla poesia, alla scultura, allarchitettura, etc., tali per cui le espressioni artistiche prese in esame possano essere considerate appunto opere darte. Ma è universalmente noto che per quanto questa disciplina filosofica abbia avuto grandi sviluppi, pensiamo al A.G.Baumgarten, B.Croce, E.Kant, etc., questa non sia riuscita a stabilire in termini assiomatici un metodo di misurazione, quanto invece abbia dato strumenti di lettura.
Larte risulta il più elevato mezzo linguistico umano, variabile sia nel tempo che nel luogo, motivo per cui ne sia improbabile una qualsiasi costruzione che possa fissarne un parametro valutativo. La mutevolezza dellarte sta quindi nella capacità dellartista di esprimere, attraverso il proprio stile le intuizioni raccolte nel proprio tempo, nella storia che stà attraversando, anticipando qualcosa che poi a tutti sarà noto, per cui gli occhi dellartista, attraverso le sue opere, diventano i nostri occhi e noi avvertiamo quella nuova visione della realtà.
Cerchiamo ora di capirne il concetto.
La prima possibilità di relazione che luomo ha con il mondo esterno è data dai sensi, attività che filtrata dalla ragione e dalla logica ci dà delle cose esperienza conoscitiva. Ma perché questa percezione sia fonte di intima conoscenza, necessita della sintesi delle esperienze dei sensi che è limmaginazione, ovvero lintuizione.
Per farne un esempio, un pittore che vuole dipingere un albero non si interesserà del dato scentifico come letà dellalbero o dei metodi di classificazione, ma darà ascolto a ciò che di quellalbero sentirà, come la forza, la tranquillità, etc., farà attenzione cioé alla realtà soggettiva del percepito e non alla realtà oggettiva.
A tal proposito Kant compie una netta distinzione fra sensibilità e intelletto, in particolare ne differenzia le funzioni, dacché i sensi intuiscono ma non pensano, mentre lintelletto e la ragione pensano ma non intuiscono (Estetica trascendentale).
Questa di Kant risulta una straordinaria interpretazione di quelle attività umane inerenti allo sviluppo dellindagine sulla percezione della realtà concreta, costituisce infatti una riflessione specifica sulle proprietà cognitive poste alla base dellessere nella natura.
E quindi lintuizione che consente allartista di produrre arte, cioé di creare nellimmaginazione, attraverso lispirazione, una forma avulsa dal contesto storico, che non sia inventata, giacché essa consegue un oggetto estraneo alla vita umana (telefono, auto, etc.), ma che sia espressione del modo di sentire dellartista la realtà che lo circonda, cogliendone il puro palpito della vita nella sua idealità. Si evince dunque che unopera darte, sia essa poesia, scultura, architettura, nasca e finisca nelluomo: non è negazione della vita perché oggetto inanimato, ma ha una vita propria, una capacità di narrazione di storia, di azioni delluomo, che la rivela quale essere vivente.
Lattento lettore avrà notato però che si è parlato di forma creata e contenuta nellimmaginazione e non trasposta quale informazione dellintuizione sulla materia. Ebbene, il Croce osservava che espressione e intuizione coincidessero al punto da risultare superfluo esprimersi, quindi creata la forma essendo in sé completa, già assunta nella coscenza, non sussistesse necessità di esecuzione fisica: Lintuizione pura. Il momento esecutivo è del tutto secondario, dacché la sua funzione è quella di fermare ciò che altrimenti la memoria non riuscirebbe a conservare. Pertanto, si intuisce che, se J.L.Borges non avesse scritto Le monete, il bastone, il portachiavi, la pronta serratura, i tardi appunti che non potranno leggere i miei scarsi giorni..., nulla avremmo a testimonianza della grandezza del suo essere poeta.
Nel caso di Luciano Dionisi, ci troviamo di fronte ad una produzione non figurativa, questione che forse potrebbe indurci ad una errata valutazione delle sue opere, per lassenza di una preconcetta bellezza, nel caso la prendessimo in considerazione quale strumento di comprensione. In realtà questo risulta sicuramente un limite, dacché tutto ciò che non comprendiamo è un nostro limite, un vero artista vuole e sa farsi capire. Ebbene larte moderna, come in questo caso, ha la straordinaria capacità di esprimere emozioni, intuizioni, ovvero non ciò che è evidente, ma ciò che si percepisce, che si sente, attraverso una forma di comunicazione più complessa.
Il primo periodo dellattività di Dionisi è caratterizzata da una produzione figurativa di un certo interesse. Si tratta di sculture in bronzo e marmo in cui forte appare limpronta drammatica del suo percepire gli avvenimenti del suo tempo, ne intuisce la profonda alienazione di cui una intera società si stà vestendo, come una seconda pelle, una forma di auto-distruzione rimandata ad un tempo non molto lontano, e che forse, con molta probabilità, porterà ad una violenza sulla natura
Il pendolo, molto simile alla narrazione di E.A.Poe, è simbolo di una presenza non molto rassicurante, di una incontrovertibile fugacità dellesistenza, il cui limite è designato dalla falce, dalla mezza luna, figurazione anche della notte, il buio più profondo a cui si attesta lumano cammino e che la superfcialità delle coscienze rende più tenebroso e vicino.
E quindi lesperienza di unintuizione come dicevamo, che si stampa sulla materia, la informa di se attraverso la modellazione, concretandone il sentimento, quellincontro tra coscienza ed incoscienza che genera un trauma, trasporta luomo in uno stato di dormiveglia che quel pendolo inesorabilmente misura e registra. E materia viva, simbolica, narrante lessere poeta nella scultura. Ma questo avvertimento del dramma, di un dramma tutto interiore, ha bisogno di una voce: Dionisi sente la necessità di dare parola a quelle gesta, una voce urlata, catartica, capace di un avviso alla folla inerme e inconcreta. Ai segni alfabetici ne toglie la figuratività e ciò che resta sono i toni accesi ed aspri, rossi come sangue, grigi e neri di un animo cupo ma ormai libero, libero di aggirarsi nella dimensione infinita dei sintagmi senza regole, in una matericità più esplosiva ed intensa, benché più leggera: quella della pittura.
E il secondo periodo dellautore, in cui la pesantezza cede il passo alla leggerezza, ed in questo è straordinario.
Ne La stazione di U. Saba, abbiamo la stessa condizione: La stazione ricordi/a notte, piena dultimi addiì, di mal frenati pianti./ Una trombetta / suonava lavanti / ed il tuo cuore / agghiacciava. Il luogo, che sembra essere fatto per gli addiì, quindi la tristezza che si accresce nel vedere un viso amato mentre si allontana, e che forse, la donna, non rivedrà mai più, è la guerra a determinarne il sentore, poi il buio della notte, come in amarcord di Fellini, che tutto avvolge lasciandoci nellindistinzione delle voci. E unimmagine viva, senza parole, dacché è il sentimento, uno sguardo a non volerne, parlano da sole perché intuiscono, quasi tristemente teatrale, in cui la voce fuoriscena, la guerra -al cui solo pensiero di qualcosa che porterà via parte di lei- ne raggela, rende pesante ciò che invece è leggero, il cuore, scrigno dei sentimenti lievi e incorporei. Nel linguaggio di Dionisi si tratta di tecniche miste su carta, superfici dominate da un tratto forte, irrequieto, che rinuncia alle forme finite a favore di una spontaneità tesa al recupero delle emozioni, come un suono stridulo il cui compito è il richiamo alla verità delle cose. Lautore avverte in sé, in coscienza, tutto il peso di una società dedita al consumo delle capacità comunicative, dei valori, delle qualità insite nella natura umana, e con attività febbrile ne mostra il dramma interiore, le possibilità mancate.
E la libertà di un gesto capace e consapevole a dettarne le trame, il racconto fatto di segni, colori, parole senza voce. E un mettersi in discussione, un confronto con la realtà attraverso lo scavo della superficie, in cui lequilibrio raggiunto risiede solo nella estraniazione dellimpeto che non ha forma, ma forza tonale, ed in questo lintuizione è perfettamente composta e riconoscibile. Il campo così creato non riceve una relazione con la realtà, bensì, per dirla con lArcangeli, una forma non premeditata: se nellarte antica lautore tracciava un bozzetto, Iidea già definita di ciò che andava a realizzare, ora quellidea è data in atto, si compie nel fare lopera, è forma emotiva, il progetto coincide con lopera stessa.
Oltre alla lezione che è possibile trarre da questo grande artista ed amico è però linput per unaltra osservazione.
Gli esegeti che si sono occupati dellopera di Dionisi come Roberta Ruggeri, Carlo Melloni, Giorgio Marangoni, forse per classica formazione più letteraria che visiva, ritengo che ne abbiano limitato il carattere semantico attraverso una lettura esclusivamente interpretativa: ma per quello cè lautore!
In realtà un opera darte si rende visibile per ciò che è, ovvero essa ha una sua identità, una sua misura universale, lopera darte è, e basta, come la bellezza: la bellezza di un viso, della natura, di una poesia, sono valori oggettivi, benché possano sembrare soggettivi, la poesia di Borges ha una bellezza suprema data dallequilibrio, da un architettura compositiva straordinaria, dalla pulizia della parola, e chi non riesce a vederla, chi preferisce Ramazzotti a Borges, il problema è certamente il suo non di Borges, i valori estetici sono realtà oggettive cui la critica può solo aggiungere qualcosa.
Credo che quel qualcosa sia da ricercarsi nel fatto che, memore della lezione del Croce, larte essendo espressione di unintuizione, è una sola, identica nella sua idea, tantè che chi ha senso artistico in un verso, in un piccolo verso di poeta, trova tuttinsieme musicalità e pittoricità e forza scultoria e struttura architettonica. Distinguere le forme darte, architettura, poesia, scultura, musica, significa non altro che differirne i mezzi di cui lintuizione si serve per manifestarsi. Pertanto di fronte alle opere di Dionisi possiamo affermare che lattenzione non sia da dedicare allinterpretazione del gesto, bensì si tratta di capire che la poesia oltre che nelle parole è anche in unopera scultorea, come afferma lo stesso Roberto Longhi, per il quale una tela era unopera poetica. Essa rappresenta un metodo universale di lettura, come abbiamo visto e vedremo più avanti, e quindi, di contro ad una interpretazione didascalica, si costituisce come tramite sicuramente più suggestivo.
La poesia è giudicata tale per via di due necessarie costanti: le immagini (prodotte dalle parole) e un sentimento che le anima. La parola, in tutta la sua tradizione linguistica italiana, ha assunto una forza straordinaria, quella di creare immagini, di rendere reale ciò che è desiderio, sogno; sono cose visibili, lì davanti a noi e le vediamo.
Questa forza è data non solo dalla conoscenza degli strumenti grammaticali, sintattici, di metrica, ma anche da una volontà interiore di trasmettere unintuizione, di rappresentare la vita. Contiene ed esprime valori eterni che nulla hanno in comune con il tempo determinato, il luogo specifico, ha quindi carattere di universalità. La poesia, dunque, è in un senza tempo, perché lintuizione non ha dimensione. Se quindi motivo fondante di questarte è lastrazione, ne discende che ogni sua immagine è contenuta in quel caleidoscopio spirituale della creazione, e data lindistinzione del referente, dunque, è possibile attingerne liricità per larchitettura, la poesia, etc.
Durante il suo percorso formativo, Dionisi sembra però denunciare una indecisione linguistica, dal momento in cui al colore, alla costruzione poetica di dimensione da Flatlandia, torna alla solidità del racconto facendo riacquisire materia al segno, ritorna cioé alla scultura. In realtà le precedenti tecniche e mezzi linguistici, sono serviti allautore per indagarne, della materia, tutte le possibilità comunicative, al fine di meglio intenderne lintima vocazione, saggiarne le qualità espressive date dal colore, dalle superfici, dalle forme trovate e risemantizzate. La materia costruttiva infatti è quella ritrovata nella poetica e nella dispozione, perché ritrovato è il valore semantico ed evocativo: il pensiero non può essere comandato, ma è casuale, quando arriva, quando entra e si impone nella nostra memoria, occorre qualcosa per renderlo cosa concreta, e tutto ciò che abbiamo a disposizione bene si presta a congelarne lintuizione, lo spago, il legno, il sacco, perché sentita ne è la sacralità. Nulla è inventato nellidea, lintenzione è quella di trarre dal consunto, dal significante già espulso dal percorso entropico, il residuo significato, o addirittura ricomporne in una dimensione altra, i sintagmi linguistici. Il carattere intrinseco è ancora evidente, il recupero di ciò che non è corrotto, di ciò che è destituito dalla priorità dei valori, operando però in sordina, con una manualità certosina, controllata e sapiente, che presuppone la lontananza dal rumore delle voci, lontano dalla commercializzazione del pensiero.
C. Kavafis, come Dionisi, propone lo stesso suggerimento: Farla non puoi, la vita, come vorresti? Almeno questo tenta / non la svilire troppo nellassiduo contatto della gente / a furia di recarla in giro, e con lesporla alla dissennatezza / di commerci / sin che divenga una straniera uggiosa.
Al tentativo non riuscito di vederne realizzata unideale di vita onesta, di pensiero, nelle virtù e nelle azioni, allora, azione ultima è scappare, non vedere, non contaminarsi al contatto con la gente, con la stupidità e leggerezza altrui.
Un grande valore della comunità risiede proprio nel rapporto con gli altri, nella possibilità di prendere atto di sé, ma a volte la gente trasmette stupidità, nellinconcretezza del proprio pensiero, sicché lunica difesa diventa la propria dimensione, la propria coscienza; non attraversare il vuoto di chi ci circonda, nel rifiutare il troppo commercio con la gente, affinché il nostro pensiero non diventi estraneo a noi stessi, una moda. Più tardi sarà la pietra a permettere alla mano dellartista, di riprodurne la semantica, la simbolizzazione, la poeticità, che solo attraverso i tagli, le incisioni, le scalfitture potrà rendere ed oggettivare: La pietra, fascinatrice dellanimo, ti prende per mano e ti accompagna fuori dal tempo, in un gioco alchemico basato sullevocazione; ora sei lì ora là e quel segno, quella forma ne è la condizione dirà lautore.
Un viaggio dunque, quello dellautore, una fuga non di disperazione, di evasione, ma cosciente di un ritorno ad un tempo forse migliore, ma che certamente vedrà in un ottica differente. Si serve di una porta, La porta del tempo, di un accesso verso una nuova dimensione, quella mitologica, mondo in cui la realtà è ancora ai primordi, in cui luomo si affida nellindistinzione del Divino, al Dio delle cose, che è nelle cose. Osservatene la compostezza, è un passaggio ricavato nella pietra, scavando la materia con la volontà di chi è alla ricerca di un poi, di un luogo forse già precedentemente scoperto, data la distinguibilità dellingresso, dalla materia di riempimento, di chiusura. Evidentemente lautore sapeva già cosa si nascondesse al di là del muro, dacché dallo scavo si evince tutta la veemenza di un gesto affrettato e concentrato, pur di riuscire a varcarne quanto prima la soglia .
Il trono di Nettuno, rappresenta concretamente gli assunti prima esposti; questa scultura viene eseguita durante il simposio di scultura monumentale dal tema Le divinità e il mare.
La simbologia è piuttosto chiara, Iautore ne immagina il palazzo, la figura imponente della divinità e la ritrae. Il tridente che arma la mano del dio è il veicolo doppiamente semantico di tale immagine, dacché ne riferisce anche della corona, mentre è nelle dimensioni e nei tagli degli elementi che risiede la capacità evocativa del trono, del seggio, costruzione morfologica dalla profonda tensione mnemonica.
Dopo essere sceso nellantro, limite temporale e linguisticamente oppositivo, umano vs divino, naturale vs soprannaturale, il nostro, sembra avviarsi lungo la strada del ritorno, verso la realtà, fortificato nello spirito, dopo aver raggiunto le verità di un luogo dopotutto felice, riparato dal mondo esterno, quello del suo animo. Difatti le divinità prima possenti, ora vengono svestite della loro componente irreale, e trasposte in una dimensione più terrena, consapevole, viste nel loro carattere dimmanenza.
La Sibilla, di Delfo, di Cuma, chiunque ella sia, è una donna, non unentità astratta e soprannaturale con cui viene a coincidere per le sue capacità divinatorie, ma elevata per la sua grande importanza, che solo lei può avere, dessere creatrice di vita, e quindi simbolo della rigenerazione.
Da questo viaggio, Dionisi, ne torna maturo, rinnovato nel corpo e nello spirito, più consapevole di una battaglia - quella agli inizi intrapresa - che forse non potrà vincere, intanto ciò che resta di questavventura introspettiva sono il ricordo dei rumori dellinfrangersi del mare, la spuma, gli odori che oggi sedimentano nella memoria per ciò che sono, senza allusioni o simbologismi, di sorta. Il furore che prima lo caratterizzava, ora si è placato, è più contenuto, anche se di fronte agli eventi, alla realtà, alle parole senza senso, di fronte al mistero oramai svelato, resta comunque nelle vesti di un bardato guerriero, di un Galata moderno. In questo viaggio, il lettore si è imbattuto in una serie di eventi che hanno parlato di arte, di poesia, di scultura, ovvero di intuizioni, di quelle capacità che ha il sentimento di coglierne, delle cose, lessenza, lo spirito. E dunque, presupposto innegabile, un animo libero, ricettivo, ad assumerne lettura, a darne atto attraverso la materia alla quale darà forma, colore, ombra, al fine di materiarne lidea della creazione. I diversi materiali come legno, spago, metalli e soprattutto pietra, hanno ricevuto quella forma, quella semantica, per precisa volontà di creazione, di comporre unopera darte, Kunstvollen (volontà darte). E comunque cercassimo di renderne lidea, è lopera ad attrarci verso di lei, a comunicarci lidea darte, perché la verità è nella forma, nel colore, ovvero, larte è nella capacità dellartista di rendere viva limmagine, la materia, nel trasmettere vita attraverso lespressione di unarchitettura, di una scultura, una poesia, tutti veicoli dellintuizione. E quindi vero che unopera compiuta è più viva delluomo stesso, più di mille uomini che la osservano ma che sono gia morti. Di fronte ad essa possiamo solo constatare la nostra fugacità, sentire la nostra caducità, giacché essa resisterà nel tempo, pensate alla Divina Commedia, a Dino Campana, a F. L. Wright, Michelangelo Buonarroti, opere e personaggi che continuano e continueranno a vivere, le stesse pagine che voi state leggendo, resteranno, dureranno più a lungo delle vite.
Quella di Dionisi è unopera che nelle sue contenute dimensioni, rivela una dimensione spirituale assolutamente infinita. Un pittore ci aveva promesso un quadro / ho saputo che è morto / Ho sentito / la tristezza di comprendere che siamo come un sogno / (solo gli dei posssono promettere, perché sono immortali) / Ho pensato a un luogo / che la tela non occuperà. Poi ho pensato: se stesse lì, sarebbe / una cosa, una delle vanità / della casa; ora è illimitata / capace di qualsiasi forma / Vivrà e crescerà come una musica e starà con me sino alla fine / (Anche gli uomini possono promettere, perché nella promessa è qualcosa dimmortale.
La pietra può diventare arte, e Iarte coincide con la vita.
Vincenzo Russi,
russi@mailcity.com